Benvenuti nel mio blog personale. Buon 2012.

mercoledì 31 agosto 2011

Incontri incredibili 2008: Renato Curcio e Mario Merlino.

Va' a pensare che, nell'eremitaggio delle Dolomiti, per caso, ti incontri con Renato Curcio e Mario Merlino, separatamente. Comunque era il 2008. In giro con mio figlio Nicolò, il maggiore, ricostruita la data nel 19 settembre 2008, troviamo in un locale di Feltre storica Renato Curcio. Solo soletto, arrivato per presentare uno dei suoi libri (I dannati del lavoro), nel circolo Désir, la sera. "Guarda che c'è Renato", dice l'amico dal banco. "Renato chi?" dico io, guardando in giro e chi era seduto sullo sgabello davanti a me.. "Curcio, po'...". E allora a ricordare la sede di Via Curtatone a Milano, il Collettivo Politico Metropolitano, che da lì si vedeva la Caserma di Via Lamarmora e si sapeva quando andavano a caricare o fare uno sgombero. E di Arialdo, che interveniva al Bertarelli serale dove ero iscritto nel '69. E ancora, di Mauro Rostagno, dopo, e di quando, mese dopo mese si cambiava etichetta passando da Collettivo Politico Metropolitano a Sinistra Proletaria fino a Nuova Resistenza e della fortuna, immensa, che ho avuto, di rompermi l'osso del collo in moto proprio il primo agosto del '70. "Sì, sei stato fortunato, conferma Renato". E ci credo. Quando sono uscito dall'ospedale, la sede di Via Curtatone era sparita. In Piazza Duomo un barbone, uno con la barba, distribuiva Nuova Resistenza: come fare barricate, costruire molotov, ecc. E poi, infine, Brigate Rosse. Certo che sono stato fortunato con quell'incidente in motoretta. Però, a Renato, bisognava dirglielo: sai che sonno facevi venire quando parlavi per ore alle riunioni? Il contrario del suo amico Mauro Rostagno, che poteva tenerti sveglio una notte intera. Ben ben, va' là. E le botte del Movimento Studentesco di Capanna, che ci ha dato nella manifestazione serale di Piazzale Loreto? Per via di quei cartelli Sinistra Proletaria con falcemartellofucile. Vabbè, fatta anche questa.
Più o meno stesso periodo, chi ti trovo? In un paesino vicino Feltre? Mario Merlino. Romano, insegnante di filosofia, di destra, era l'accusato con Pietro Valpreda, anarchico, per la strage di Piazza Fontana. Abbiamo trascorso un pomeriggio, insieme. Mi ha fatto vedere il suo ultimo libro (tipo storia dell'epopea nazista e fascista), abbiam parlato di cinema, di cultura, di questo e di quell'altro, concordando su quasi tutto. Il suo libro, storico, dai, quattrocento pagine, era dovizioso e scritto bene. Io manco mi ci metterei, ovviamente. Però, con Mago Merlino, ha sempre barba e capelli lunghi, un tempo neri, ora bianchi, ci siamo detti una cosa: ci hanno fregato e usato tutti quanti, allora, nevvero?
*Pietro Valpreda l'ho incontrato solo un paio di volte, in Brera, a Milano. Per lui avevamo innalzato striscioni lotte processi "Valpreda innocente, Valpreda libero". Fu Mauro Rostagno ad affermare, per Piazza Fontana, mentre si avallava la pista anarchica, che "La Strage è di Stato".
*Giuseppe Pinelli abitava vicino ai miei genitori, in Via Tracia, Piazzale Selinunte, quartiere San Siro.

Memorie pesanti. Due morti che cambiano la vita: Mauro Rostagno e Alexander Langer.

Mi trovavo a Feltre, che frequentavo da pochi mesi anche per la presenza della sede IULM e il mio lavoro di orientamento universitario, quando al telegiornale delle 20.00, apparve la foto di Mauro Rostagno. Pensai, "bene,  avrà qualche novità da raccontare". Restai ammutolito, e poi immobile per lungo tempo davanti al televisore, quando diedero notizia del suo assassinio, a Trapani. Fu soprattutto questo, da quel 26 settembre 1988, a farmi decidere verso il definitivo abbandono di Milano. Dove non avevo più niente da dire, da fare, da pensare. Dove, uscendo, anche gli incontri erano per me ripetitivi, stessa gente, stessi luoghi.
A Feltre, mi dicevo, potrei essere vicino ai fratelli Boato, Venezia e Trento; e anche, dalle parti e nel collegio elettorale di Alex Langer, di Sterzing/Vipiteno, Bolzano.
Così fu, in effetti. Per qualche anno frequentai Michele, a Mestre, e incontrai anche Marco e Alex, a Trento, in diverse occasioni. Per Alex, ci fu anche un piccolo incontro a Belluno, per la sua campagna elettorale, dove poi effettivamente risultò eletto per il Parlamento Europeo.
Ma il 3 luglio 1995 anche la mia vita, con la morte di Alex a Firenze, fu destinata a drastici cambiamenti. Dopo il funerale, nella Cattedrale di Bolzano, l'allontanamento dalla politica, ormai fatta solo di poltrone, fu totale.
Forse, un giorno, riuscirò a raccontare qualcosa di Mauro, di quando si andava a Monza, in pieno inverno, con la mia motoretta, per fabbriche e scuole. Il più grande insegnamento.
Forse, un giorno, riuscirò a raccontare qualcosa del dentone crucco di Sterzing, dei ricordi che ho di lui, sempre in viaggio, a Milano e Roma, poi a Chianciano e infine a Trento e Belluno.
Oggi, parlarne, mi pesa ancora troppo.
Perchè i pensieri si fissano, più che sulla vita e sulla voglia di raccontare, sulla loro morte.
Per Alex, vorrei solo indicare una visita nel piccolo cimitero vicino Sterzing, dov'è sepolto. Lassù, una volta, mi ci aveva accompagnato Edi, di Bolzano.

Memorie 1977: Solo, davanti al feretro di Antonio Custra, III Celere di Milano Bicocca.

La morte del sottufficiale Antonio Custra, a Milano in Via De Amicis, mi colpì molto. Perchè significava, insieme ad altri fatti, la fine della politica. Seppi, sul lavoro, in università, poco dopo, dell'accaduto. Forse perchè mi occupavo di informazione e forze armate; forse perché Custra e io avevamo venticinque anni, in quel 1977; forse perché la Bicocca era stata la caserma di mio padre, dove si ammalò, negli Anni Cinquanta, e venne congedato come invalido per servizio. Con questi e altri forse, decisi di andarci, il 15 o il 16 maggio, per vedere la salma del vice-brigadiere. Entrai nell'ampio cortile della caserma e mi trovai solo, in una situazione irreale, di silenzio e di assenze. Dopo averlo attraversato, entrai nella sala a piano terra, osservando la bara, il corpo nella divisa, sostando per qualche minuto. Uscito, mentre mi dirigevo al cancello, incrociando tre in pedi, fermi, in borghese, feci un cenno di saluto e fu a quel punto che "Ciao, collega, di che caserma sei?". "Sono un cittadino", risposi, "un semplice cittadino, ciao".
Li chiamarono anni di piombo, poi, da lì in avanti. Ma quello che pensavo allora non è cambiato: morti gratuite, inutili, frutto di borghesucci, armati, che faceva moda, a scuola o dove, far vedere una pistola.

martedì 30 agosto 2011

Con Sergio Segio. A terra, sul ponte di Spalto Piodo a Monza. 1974. Mitra puntati alla testa. Perché...?

Ciao, Sergio. Per che? Sdraiati sul ponte del Lambro, vicino alla nostra sede, in Spalto Piodo, a Monza, con i mitra dei Carabinieri puntati alla nuca, in quella primavera del 1974, eravamo noti, conosciuti e riconoscibili. Perché, pur sapendo chi eri, e già ti avevano arrestato con un mitra a Sesto San Giovanni, ti hanno lasciato circolare? Oggi, 2011, ritenendomi riconosciuto e riconoscibile, nel salutarti, ricordando quanto sia seguito e perseguito per aver inneggiato alla libertà, dico: a) gli errori non si cancellano con una gomma, come alle elementari; b) l'eroismo è dei forti, non di chi accorciando le vie dimostra le sue debolezze. c) chi uccide non ha scampo, se non lo ha fatto per legittima difesa; d) l'esibizione e la moda sono cose che devìano la natura; e) lo spirito del sacrificio esula dall'immolare altri; f) non perdonerò mai chi ha portato Umberto, giovane studente dell'Istituto d' Arte di Monza, a sparare sul Giudice Alessandrini... Basta?
Ho appena cominciato.
La prossima volta che ti vedo in Tv, pur se in film con Susanna, la spengo. Anche se ti voglio bene. E risparmia le interviste, per carità. Il silenzio è sempre d'oro.
Ma che? Stiamo parlando degli anni di piombo, di rivoluzione? E chi li ha visti mai: Solo al cinema. Sui giornali. In Tivù. Italia, Italia...

lunedì 29 agosto 2011

Rose rosse per te. Da Maniago. 2 giugno 1973. Vaffanculo.

Pare, dai rari incontri che ho, che siano questi racconti ad interessare i più. Bene, cominciamo. Senza foto d'epoca, se no mi internavano. Due giugno 1973. Caserma Baldassarre di Maniago (Pordenone). Che salta in mente ai nostri pseudogolpisti di allora? Di celebrare la Festa della Repubblica, il 2 giugno 1973, con un repubblichino (di Salò) antirepubblicano e antitaliano (alleato dei nazisti). Giorgio Almirante. E così, in quattro e quattr'otto, noi soldati di leva, mettiamo in piedi l'anti-festa. Come? Guarda guarda, che bel giardino di rose rosse. Senza far danno, in una trentina, ne prendiamo una a testa e ce le teniamo in mano. Passeggiando per la piazza, in fila indiana, in divisa, che allora era d'obbligo, proprio mentre sul palco ci sono i tre colonnelli comandanti della caserma e un soldato, anche lui in divisa, tal Franco, di cognome, che anticipa i saluti del presidente MSI al popolo, friulano e italiano, militare e civile.
Putiferio. Chi sono questi, in divisa, che passeggiando, osano, con le rose rosse? Mario Branca, di Palermo, mio capitano della 5a Compagnia Genio Pionieri della Divisione Ariete, con comando del battaglione a Motta di Livenza, ben lo sa. S'avanza, lo strano ufficiale e mi intima, dopo "che fate?" di avere la divisa in disordine..., per via della rosa rossa.
Premessa: il Regolamento Militare vietava, comunque, ai militari la partecipazione a manifestazioni politiche e pubbliche.
Per cui: parte Mario, di Roma, il 3 giugno, in licenza, con quattro righe che indicano i fatti, i nomi, i festeggiamenti repubblichini e le rose rosse dei trenta soldati democratici (italiani). Le consegna alla redazione del quotidiano Lotta Continua.
Quindi: tipo, il 5 giugno, esce l'articolo su Lotta Continua, in prima pagina, "Le rose rosse di Maniago".
Casino, al Comando di Pordenone della Divisione Ariete. Generali, che leggono Lotta Continua. Convocazione dei tre colonnelli comandanti. A: è tutto vero. B: trasferimento immediato. C: Il capitano Branca in tutta fretta, dà una licenza e mi accompagna, in jeep, per il treno che mi portava a Milano per un processo (politico). Ancora in viaggio, i carabinieri si presentano ai miei, in San Siro, per sapere se sono arrivato. Al Distretto Militare, dove si vista la licenza, vengo convocato dall'Addetto stampa come amico di Liverani e Capanna (Movimento Studentesco). Gentile, cordiale, l'ufficiale. Ma io che c'entro? Ho solo un processo per niente. E sono sfilato a Maniago con una rosa rossa in mano. È primavera, no? E  da italiano canto Bella ciao. Vaffanculo. A settembre han fatto il golpe in Cile. Vaffanculo.
(Foto: Piazza di Maniago, PN, 2004)