Benvenuti nel mio blog personale. Buon 2012.

venerdì 20 luglio 2012

Appuntamento con la storia. La Ballata del Pinelli. Questura di Milano, 1969.


(Scritto il 12 dicembre 2011, recuperato oggi.) Certo, son passati tanti anni. Dignità. dolore, incontro, tra chi ha sofferto. Ma, resta un ma, un, il, dubbio. Dell'inutilità delle morti, quando si rende inutile la vita. Nel 1969, questa notte, moriva Giuseppe Pinelli. Era sotto tutela, nella Questura di Milano. Nessun cittadino, vorrebbe e dovrebbe morire, quando è sotto custodia. Tra polizia e carabinieri. Che hanno il compito di difenderlo, il cittadino.
Pubblicheremo, su questo blog, le immagini di importante civiltà di Gemma Capra e Mario Calabresi, moglie e figlio di Luigi, il Commissario. Di Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani, Ovidio Bompressi, condannati per l'omicidio del Commissario Luigi. Immagini riprese durante i processi.
In questo diario/internet, che balza da un anno all'altro, da un decennio all'altro, questa sera, questa notte, vogliamo per ora riscrivere la sola Ballata del Pinelli, cantata da Pino Masi. perché da lì, da quella morte a Milano, in Questura, si dipartono le tante difficoltà a comprendere, a comprendersi.

LA BALLATA DEL PINELLI

Quella sera a Milano era caldo
Calabresi nervoso gridava
Tu Lograno apri un po' la finestra
ad un tratto Pinelli cascò.

"Scior questore io ce l'ho già detto
le ripeto che sono innocente
Anarchia non vuol dire bombe
Ma giustizia nella libertà".

"Poche storie confessa Pinelli
c'è Valpreda che ha già parlato
lui è l'autore di questo attentato
ed il complice è certo sei tu".

"Impossibile - grida Pinelli -
un compagno non può averlo fatto
chi è l'autore di questo delitto
tra i padroni bisogna cercar".

"Stai attento indiziato Pinelli
questa stanza è già piena di fumo
se tu insisti apriam la finestra
quattro piani son duri da far".

L'hanno ucciso perché era un compagno
non importa se era innocente
"Era anarchico e questo ci basta"
disse Guida il fascista questor.

C'è un bara e tremila compagni
stringevamo le nostre bandiere
noi quel giorno l'abbiamo giurato
non finisce di certo così.

Calabresi e tu Guida assassini
se un compagno ci avete ammazzato
questa lotta non avete fermato
la vendetta più dura sarà.

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo che caldo faceva
è bastato aprir la finestra
una spinta e Pinelli cascò.

domenica 24 giugno 2012

Già visto (Milano 1976). Vuoi lavorare? Denuncia l'Alfa Romeo... e l'Ufficio di Collocamento.

Bisogna lavorare. Bisogna. A 24 anni, dopo una vita da militante a tempo pieno, ci si accorge di essere giunti ad una fermata. Chi fa politica onestamente e liberamente non campa. Se poi è giovane... Febbraio 1976, mi iscrivo all'Ufficio di Collocamento, a Milano, deciso a trovar lavoro. Abbandonata scuola e tutto, per la rivoluzione, mi ritrovo col solo titolo di terza media. E il lavoro, in una Milano dove da un giorno all'altro qualcosa esiste sempre, non arriva.
In sede centro, Via de Cristoforis, Paolo, in estate mi chiede: “Lele, ma tu sei iscritto all'Ufficio di Collocamento...?”. “Certo”, rispondo. “Allora sentiti con Civitelli, perchè c'è in corso una causa...”. Mi presento nello studio dell'avvocato Civitelli, del nostro collegio legale, e salta fuori una magagna dove c'è di mezzo l'Alfa Romeo. Viene settembre e, al Tribunale del Lavoro va avanti l'istruttoria. I fatti: trecento assunzioni Alfa fuorilegge, attraverso l'Ufficio di Collocamento, saltando le graduatorie, con accordi diretti Ufficio del Personale Alfa e direzione del Collocamento. Ogni giorno, costituito un Comitato Disoccupati, ci presentiamo in gruppo, ragazze e ragazzi iscritti nelle liste, per sostenere la causa e ottenere risultati. Che arrivano. Basta poco più di un mese che i fatti sono accertati, l'Alfa condannata, il direttore dell'Ufficio Collocamento rimosso e condannato. Il 23 ottobre, a graduatorie in funzione, sono tra i primi chiamati. Ho più possibilità di scelta. Opto per una situazione dove forse comprendono quello che ho vissuto in anni di politica, pur avendo formalmente solo la terza media. Un posto pubblico a fianco della piccola università, IULM, che fino allora non conoscevo. Il lavoro, senza raccomandazioni, è arrivato. C'è voluta un po' di lotta, ma per noi, questo, era fatto quotidiano, diurno e notturno. Pochi giorni dopo, nel ponte dei primi di novembre, a Rimini, si va al convegno nazionale di LC. Si comprende la fine. L'ho anticipata, trovando un posto di lavoro. Gli anni seguenti si potranno affrontare meglio. Lavorando, studiando, scrivendo, viaggiando, considerando. Grazie, Alfa Romeo/FIAT. Continua a commettere errori. Escludendo, emarginando. Che prima o poi, li paghi.
(Post suggerito dalla condanna Alfasud/FIAT di Pomigliano d'Arco, giugno 2012, per discriminazione operai sindacato FIOM. La foto, con vetture d'epoca Alfa, è da Feltre Autoshow. Nel 1976, durante i fatti narrati, abitavo a poca distanza da Alfa Portello, in Via Console Marcello, zona Sempione, ma non ho considerato, nonostante la sentenza favorevole citata, di lavorare lì. Negli anni successivi, nell'ambito della ristrutturazione FIAT, il Portello è stato il primo stabilimento ad essere chiuso, con spazi ceduti all'Ente FieraMilano.)


CANZONE
Anche se è lunga, qui ci sta Pensieri e Parole di Lucio Battisti;
Che ne sai di un bambino che rubava 
e soltanto nel buio giocava 
e del sole che trafigge i solai, che ne sai 
e di un mondo tutto chiuso in una via 
e di un cinema di periferia 
che ne sai della nostra ferrovia, che ne sai. 
Conosci me la mia lealtà 
tu sai che oggi morirei per onestà. 
Conosci me il nome mio 
tu sola sai se è vero o no che credo in Dio. 
Che ne sai tu di un campo di grano 
poesia di un amore profano 
la paura d'esser preso per mano, che ne sai 
l'amore mio 
che ne sai di un ragazzo perbene 
è roccia ormai 
che mostrava tutte quante le sue pene: 
e sfida il tempo e sfida il vento e tu lo sai 
la mia sincerità per rubare la sua verginità, 
sì tu lo sai 
che ne sai. 
Davanti a me c'è un'altra vita 
la nostra è già finita 
e nuove notti e nuovi giorni 
cara vai o torni con me. 
Davanti a te ci sono io 
dammi forza mio Dio 
o un altro uomo 
chiedo adesso perdono 
e nuove notti e nuovi giorni 
cara non odiarmi se puoi. 
Conosci me 
che ne sai di un viaggio in Inghilterra 
quel che darei 
che ne sai di un amore israelita 
perché negli altri ritrovassi gli occhi miei 
di due occhi sbarrati che mi han detto bugiardo è finita. 
Che ne sai di un ragazzo che ti amava 
che parlava e niente sapeva 
eppur quel che diceva chissà perché chissà 
si tu lo sai 
adesso è verità. 
Davanti a me c'è un'altra vita 
la nostra è già finita 
e nuove notti e nuovi giorni 
cara vai o torni con me. 
Davanti a te ci sono io 
dammi forza mio Dio 
o un altro uomo 
chiedo adesso perdono 
e nuove notti e nuovi giorni 
cara non odiarmi se puoi. 

testo da www.angolotesti.leonardo.it

martedì 19 giugno 2012

Pensa un po'... riecco Lotta Continua. Post Duemila.

E scopro che, da Torino, c'è una Lotta Continua di ritorno. Senza nostalgia del passato, pare dicano i responsabili del nuovo corso post duemila. Certo che, se le idee non muoiono mai, anche la nostalgia non è peccato. Basta prendere il buono, sapendo distinguere dal cattivo. È qui il difficile. Basta non rubare, non voler arrivare al denaro e al potere. Nè servi, nè padroni. Auguri ai nuovi pionieri, che fanno un giornale a stampa e hanno un sito internet che cito. Ciao Ciao. ...Che tanto la lotta, come insegna la vita, è continua.
Vedi: http://www.lotta-continua.it/

E mettiamoci anche a' canzone:

Siamo operai, compagni, braccianti
e gente dei quartieri
siamo studenti, pastori sardi,
divisi fino a ieri!

 Lotta! Lotta di lunga durata,
 lotta di popolo armata:
 lotta continua sarà!

L'unica cosa che ci rimane
è questa nostra vita,
allora compagni usiamola insieme
prima che sia finita!

 Lotta! Lotta di lunga durata...

Una lotta dura senza paura
per la rivoluzione
non può esistere la vera pace
finchè vivrà un padrone!

 Lotta! Lotta di lunga durata...
(da Canzoniere Pisano - http://www.ildeposito.org)

lunedì 23 gennaio 2012

Cosa scrivo oggi, dalle Dolomiti. (Mostre e mostri. Soldi malspesi).

Per due mostre, chiamiamole così, hanno speso un milione di euro, chiamiamolo così. Tancredi, l'una, Ex Cineribus Feltri, l'altra. Se la prima, qualche significato l'ha avuto ( Tancredi Parmeggiani si è buttato nel Tevere, e tanto basta per far parlare delle sue opere), della seconda meglio tacere.
Fatti due conti, con quei soldi, se qualcuno ce l'avesse chiesto, sarebbero arrivati a Feltre due pullman al giorno, per 365 giorni, con prenotazioni in alberghi e ristoranti per 108 persone, al giorno. Sarebbero così arrivati, nella città storica ai piedi delle Dolomiti, 39.420 turisti e villeggianti. Con un incremento del 300% del turismo attuale, attestato sui 19.000 arrivi. Se qualcuno ce l'avesse chiesto.
Ora, assistiamo alla evidente inutilità di tutti coloro che sono stati foraggiati, finanziati, facilitati con denaro pubblico e la scusa della promozione turistica: Dolomiti Turismo, responsabile provinciale (BL) degli Uffici di Informazione Turistica, non ha fatto un' acca. Fondazione Dolomiti Unesco (Cortina d' Ampezzo) ha visto dimissionari, per vergogna della sua inutilità, segretario e funzionari. Per Feltre, una Promofel, consorzio di promozione turistica, così battezzata dallo scrivente all'atto di nascita, a quel tempo consulente Ascom Confcommercio, ha chiuso i battenti, nonostante elargizioni, fondi, soldi, sede gratuita, e altro ancora.
Oggi, 2012, siamo ad armi pari: tutti senza soldi. Come noi, Asslib. Vedremo, finalmente, cosa si è capaci di fare, quando non si attinge alle tasche dei cittadini.
Ma il giudizio, sul passato, è già dato: ladri, incapaci, inefficienti, incompetenti. Hanno causato povertà sulle Dolomiti. Uno dei luoghi più belli del mondo.
(Scritto da Lele Taborgna, 23 gennaio 2012 - Pubblicato in www.feltreturismo.blogspot.com - Foto: airone cinerino sulle sponde del torrente Colmeda, Ponte delle Tezze, Feltre).

giovedì 5 gennaio 2012

Degli insegnamenti di Lyda (Coppola & Toppo). Della Milano di quegli anni (1967/'70). Dell'ipocrisia sulle pensioni, l'evasione fiscale e quant'altro.

Degli insegnamenti di Lyda (Coppola & Toppo) - La signora Lyda Toppo, alta, magra, lavorava. La sua solitudine creativa la esprimeva in pubblico con cortesia, gentilezza, maternità. Lei, che non aveva figli, ogni tanto prendeva me, sedicenne, per invogliarmi nell'attività. Fu così, che mi disse del corsetto rubio, perle sfaccettate di plastica, che si trovava nel box in Viale Majno, a Porta Venezia. L'aveva creato per Ornella Vanoni, che abitava a pochi passi dal negozio, in Via Bigli 5, dove occasionalmente avevo recapitato degli acquisti. Ornella, indossò il corsetto in un'unica trasmissione televisiva, purtroppo, allora, in bianco e nero, per cui, diceva Lyda, non si vedevano i riflessi, le luci, i colori dell'opera. La signora Lyda, con la sua dovizia, mi ha insegnato molto. Anche quando mi portò sui Navigli, per mostrarmi come si doravano orecchini, bracciali, collane. In uno stabile vetusto, in un piano terra sterrato, senza pavimento, l'elettrolisi si faceva in quattro e quattr'otto, su pentoloni e con attrezzature primordiali. Erano gli artigiani di una volta, che facevano, senza bisogno di far vedere, farsi vedere, esibirsi. Delle donne, di alcune donne, non aveva una buona idea. Diceva di preferire quelle che si davano, pubblicamente, a pagamento. Piuttosto che alcune signore, tanto mantenute quanto... Non faremo certo i nomi di clienti, accennate, del negozio di Via Manzoni, alle quali si riferiva.
Della Milano di quegli anni – Di fianco a Coppola & Toppo, in Via Manzoni 24, c'era una profumeria, che la commessa era con me a studiare al Bertarelli, un anno dopo; e una salumeria, che la cassiera tentò il suicidio, e l'andammo a trovare, depressa com'era, dopo, vicino a Viale Argonne. Dietro l'angolo, in Via Montenapoleone, c'era una drogheria. Negozi e artigiani si aiutavano, esponendo ciascuno pezzi dell'altro. Al quarto piano di un civico in Montenapoleone, c'era l'artista delle cinture in pelle. Appartamentino, tavolino tipo calzolaio, macchina da cucire, tutto lì. Era fornitore di Coppola & Toppo. Anche con Valentino, dietro l'angolo, primo della moda nella Via di Milano, c'erano scambi e collaborazioni. Via della Spiga era quella delle botteghe, pane, latte, macelleria, drogheria, scuola elementare e altro. Quando consegnavo, spesso, dovevo usare l'ascensore di servizio, che portava direttamente nella stanza di maggiordomi, guardarobiera, cameriera. I negozi, ecco perché Via della Spiga, dovevano essere a portata di mano. Le consegne a domicilio, d'uso quotidiano, erano sempre riconosciute, con la mancia, piccola o generosa, secondo le indicazioni dei Signori date al personale. Di lavoro, negli Anni Sessanta, a Milano, ce n'era tanto. Pagato poco o niente, ma ce n'era, e tutti ne vivevamo. Io, da Coppola & Toppo, prendevo quarantamilalire al mese, il costo di un bracciale, di un paio di orecchini, di un foulard. La borsetta di coccodrillo, o di pitone, superava le quattrocentomilalire. C'è idea?
Dell'ipocrisia sulle pensioni, il lavoro nero, l'evasione fiscale e quant'altro – Circa quattro anni di lavoro, dei quali tre come dipendente, prima del servizio militare. Dal 1967 a tutto il 1970. Risultato, dopo un quesito INPS del 2008: unico versamento pensionistico, di otto settimane. Da Coppola & Toppo, dove avevo fatto un anno. Niente da Drogheria Raddrizzani, Via degli Scipioni, un altro anno. Nulla da Ditta Boniardi & Figli di Via Valpetrosa 5, ancora un anno, eppur multata dopo l'incidente alle vertebre in moto, dell'agosto '70, dove si scoprì, dall'ospedale (San Carlo), che mi tenevano in nero, a settantamilalire mensili.
Cosa posso pensare, oggi 2012, di chi sventola come novità i vessilli di costi/sprechi pensionistici, dell'evasione fiscale, del lavoro nero? Quando sono stato cresciuto, allevato, in una Società del Benessere/Boom economico nella quale non risultavo lavoratore, apprendista, fattorino. Nella quale nessuno, a parte Lyda delle otto settimane, ha pagato qualcosa per i miei, improbabili, settant'anni in pensione.
(La foto è a Venezia, 25 marzo 2011, quando m'han dato una medaglia d'argento, per giustificare un Ordine di casta, limitativo, illiberale e servile.).   

giovedì 29 dicembre 2011

La bomba e la Gina. L'ultimo libro di Marco Codebò.

La bomba e la Gina, Intorno a Piazza Fontana, è il libro che mi è stato recapitato ieri in Osservatorio Turismo Asslib, a Feltre. Con Marco Codebò, l'autore, ci si era conosciuti nel 1975, quando era alla Caserma Santa Barbara di Piazzale Perrucchetti, a Milano. Con la mia lambretta, quasi ogni giorno, per un periodo, andavo fuori dalla caserma a diffondere il volantino prodotto di fresco. Quando giunse notizia del suo improvviso e forzato trasferimento, un pomeriggio, nel giro di un paio d'ore fui in piazza con un gruppone di protestatari, un centinaio, con altrettanta presenza di polizia in assetto a difesa della Santa Barbara. Come se volessimo attaccare la caserma.  Ci siamo ritrovati, con Marco, pochi giorni fa, su facebook. A qualcosa serve anche quello.

domenica 18 dicembre 2011

AIUTO. 2011 DA BARBA... 2012 DA BARBONE. DEVO SALVARMI. (Regola delle Tre Enne in applicazione urgente.).

Pesante, il 2011. Da sprofondamento, il 2012. Per salvarmi devo applicare la regola delle tre enne: nomade, nullafacente, nullatenente. Percorso lungo e difficile. Ma sono sulla buona strada.
A, come automobile – Niente auto, per liquidare costi e ricatti. Basta tasse, assicurazioni, carburanti, meccanici e carrozzieri, gommisti, parcheggi, multe, obblighi e divieti, mal di schiena e mal di gambe, culo di piombo.
B, come banche – Non mi hanno aiutato. Non mi hanno sostenuto nel lavoro. Sono stato molestato e minacciato quando andavo in rosso. È l'anno giusto per fare i conti. Chiudendoli. No debiti, no spese.
C, come casa – Oggi qua, domani là. In affitto. Magari ospite, con spese da condividere. Nessuna proprietà. No casa, no padrone, no lacrime.
D, come diritto – Da cittadino ho diritto di esistere. Di non essere perseguitato. Di non essere raggiungibile. Di non dare risposte a chi si inventa, ogni giorno, nuovi doveri. Tutti a senso unico, nei confronti di chi comanda.
E, come educazione – Se io sono educato con te, tu, non prendermi a calci nei denti. Se no mi incazzo.
F, come federalismo – Toglietemi di torno anche il termine, che vivo meglio. Via tutto, province, comunità montane, enti vari, comuni da duecento abitanti... E il mio stato, non coincide, per forza, con lo Stato italiano. Il mondo è più grande di un orizzonte limitato, confinato, definito.
G, come guerra – Non sono e non voglio essere in guerra. Con niente e con nessuno. Non sarò né assoldato né soldato. Libero di comunicare, parlare, girare. In pace.
H, come ospedale – Quando c'è la salute c'è tutto. Devo evitare di ammalarmi, che se mi ammalo, per curarmi, mi cacciano in un guaio ancora più grosso.
I, come inoccupato – Se ho la partita IVA e non lavoro, perché devo essere inoccupato? Sarò disoccupato, iscritto nelle liste dei Centri per l'Impiego. Così anche l'Istat non potrà far finta di niente, dicendo che sono precario, benestante o che...
L, come libertà – Grande, immensa, irraggiungibile, utopica?. Meglio non aver niente ed essere liberi. Che avere tanto ed essere schiavi.
M, come mezzi pubblici – Per gli spostamenti, userò i mezzi pubblici. Quelli che costano meno. Dove passo inosservato e posso pensare ai fatti miei.
N, come negozi – In un mondo di ladri, anche i negozi non meritano attenzione. Che resti aperto un forno, per il pane. Qualche posto che dia da mangiare. Il resto, può anche chiudere. Per beni e prodotti bastano agricoltori e artigiani. Mi hanno consumato, con la società dei consumi, per cui io sarei un consumatore, con trecento sindacati e associazioni di consumatori. No consumo, no problemi.
O, come odissea – Mi fan vivere come Ulisse, sbattuto dappertutto, in balìa di cinquanta Dei che comandano e dei loro capricci, di mostri, maghi e streghe. Meglio vivere mediamente nascosti. Che visibilmente eroi. No coinvolto, no collaborante.
P, come pedone – A piedi. Costo zero. Per riprendere l'uso delle gambe, del corpo, della mente. A piedi, trenta chilometri al giorno, come i Romani. Al massimo, posso concedermi una bicicletta.
Q, come questua – Potrei ridurmi, così, a chiedere la carità? Certo ci sono quelli che stanno meglio di me. Ma anche quelli che stanno peggio. Poveri, deboli, malati. Meglio allora lavorare gratis per loro, per un sorriso. Che chiedere la carità agli stessi ricchi e benestanti che, alla carità, ti ci hanno portato.
R, come risorsa – La risorsa sono io. Del resto non me ne frega niente: petrolio, oro, diamanti, gas. Basta che non mi tocchino l'acqua. Che son fatto, di acqua. E se mi manca, muoio.
S, come stipendio – E chi lo conosce... Forse è meglio parlare di scambio, per sopravvivere. Coniugare il verbo dare, più che avere e prendere.
T, come tasse – Per evitare le tasse devo evitare i debiti. Per evitare i debiti devo evitare i consumi. Per evitare i consumi devo vivere semplicemente. Così evito Agenzia delle Entrate, Stato, Sanzioni...
U, come umiltà – Tutti grandi, tutti bravi, tutti ricchi. Se tutti fossimo un po' più umili, si vivrebbe diversamente, dignitosamente.
V, come votare – No no. Non ti voto non ti voto. Non si vota non si vota. Arrangiatevi, politici e pseudo, con le elezioni a vostra misura. Isolato io? Si vedrà. Alla fine. Chi resta isolato. Chi è il barbone che sarà emarginato.
Z, come zero – Zero reddito. Zero soldi. Zero Tasse. Toh, arriva il 2013. E sono sopravvissuto. Meglio zero, che mal accompagnato.

Il servizio fotografico del 16.12.2011, Lele-barba-barbone, è di Francesco Polli Taborgna, otto anni, terza elementare. La barba è stata tagliata subito dopo le riprese. Che si può essere barboni anche da sbarbati.


Per un buon 2012, possiamo cantare Pietre di Antoine, Festival di Sanremo 1967:
Tu sei buono e ti tirano le pietre
sei cattivo e ti tirano le pietre
qualunque cosa fai
dovunque te ne vai
tu sempre pietre in faccia prenderai
Tu sei ricco e ti tirano le pietre
non sei ricco e ti tirano le pietre
al mondo non c'è mai
qualcosa che gli va
e pietre prenderai senza pietà
E sarà così finchè vivrai
sarà così...
(strumentale)
Se lavori ti tirano le pietre
non fai niente e ti tirano le pietre
il giorno che vorrai
difenderti, vedrai
che solo pietre in faccia prenderai
Se sei bianco ti tirano le pietre
se sei nero ti tirano le pietre
al mondo non c'è mai
qualcosa che gli va
e pietre prenderai senza pietà
e sarà così finchè vivrai
e sarà così...
(strumentale) 


*testo da www.canzonidelcuore.com

lunedì 12 dicembre 2011

Oggi, 12 dicembre 2011. Scritto, dopo un anno, sul limitato faccialibro. Dedicato a Piazza Fontana e Pino Pinelli, Via Preneste 2, Quartiere San Siro, Milano.



Ricordate? Una strage? Dimenticate? Una strage? Piazza Fontana. Milano 1969.  Errore, STRAGE, di Stato.  Da lì, comincia, la nostra verità. Da lì, la nostra libertà.
Scritto su faccialibro-facebook, oggi, dopo un anno di assenza dal social "limitato" network.


"12 dicembre, Data nel mio DNA. Eccomi, dopo un anno, Per salutare tutti e per abbracciare i Vecchi. Permane il mio scetticismo per gabbie di comunicazione come questa. Cercando libertà, preferisco i blog, aperti no password commenti, che lasciano tempo per pensieri e ricordi. Prima missione, tra le Dolomiti, resta il piccolo Francesco, otto anni. I blog, una novantina, mi impegnano quotidianamente. Forse, un giorno, faranno pensione. Come noto, a partire da noi del 1952, la pensione nemmeno ce la pensiamo. Ciao ciao. 2011 da barba. 2012 da barbone. Buon anno?"


* Seguiranno foto 2011 di barba. 2012 di barbone. (Ancora, una volta, alla sarda, ci/vi hanno fregggattto).
W LE BANCHE E LE ASSICURAZIONI. MONTI, NIPOTE DI SPADOLINI, NAPOLITANO E VARI ALTRI... CHE?

giovedì 8 dicembre 2011

L'ultima decisione: a disposizione dei Missionari Comboniani.

Con uno scambio di mail, è stata offerta e colta la disponibilità a rendermi utile per le attività dei Missionari Comboniani. Noti storicamente per l'intervento in Africa, Nigrizia è la loro rivista. Attenderemo gli sviluppi. Con previsti contatti nelle sedi di Padova/Trento.

martedì 6 dicembre 2011

Si potrebbe andare tutti quanti al mio funerale. Vengo anch'io, no tu no. (Già fatto). Ma andate avanti voi, a Montmartre, che io devo stare con il piccolo Francesco, domenica 27 novembre 2011.


È MANCATO, A 59 ANNI, PER ATTO VOLONTARIO,
DOPO LUNGA INOCCUPAZIONE
GABRIELE MARIA TABORGNA
Lele

MEDAGLIA D'ARGENTO DEL GIORNALISMO ITALIANO.
DEMOCRATICO, MODERNO E RIVOLUZIONARIO.
ARTISTA E CREATORE DI EVENTI.
PER 25 ANNI TRA NOI A FAVORE DI FELTRE
E DELLE DOLOMITI BELLUNESI.

CERIMONIA DI SALUTO,
IN FORMA PRIVATA,
A PARIGI.
DOMENICA 27 NOVEMBRE 2011
Cimitero di Montmartre
(Agencie Autrefois – Paris – F – jeudi, 24 novembre 2011)

E vabbè. Fatta anche questa. Giovedì 24 novembre 2011, sto appeso, per qualche ora, sugli annunci funebri di Piazza Maggiore, Feltre. Per vedere di nascosto l'effetto che fa. Te veuret cus'è, sun de Milan. Jannacci. Fo, Gaber, gent insc'ì. Scherzelloni, che ci si gioca con la vita e anche con la morte. Va' a dar via el cul, va' a ciapa'r i rat, va' a scuar il mar. Gente così, che sa ridere e piangere. Che sa vivere e morire. Qualche copia dell'annuncio firmata per gli amici, al Civico 43 di Via Mezzaterra, che si sa mai che dopo morto davvero un euro ci scappi. E, scusate, ma al cimitero di Montmartre, domenica 27, non potrò esserci perché ho il bambino di otto anni, Francesco, fino a lunedì mattina, 28. Andateci voi, al cimitero. Prima di me. 
E ci metto anche il testo, di vengo anch'io, no tu no. Cantatevela. Ciao, veh.

Vengo anch'io? No, tu no!

Enzo Jannacci
F. Fiorentini - D. Fo - E. Jannacci
(1967)
Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale.
Vengo anch'io. No, tu no.
Per vedere come stanno le bestie feroci
e gridare aiuto, aiuto è scappato il leone,
e vedere di nascosto l'effetto che fa.

Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Ma perché? Perché no!

Si potrebbe andare tutti quanti ora che è primavera.
Vengo anch'io. No, tu no.
Con la bella sottobraccio a parlare d'amore
e scoprire che va sempre a finire che piove
e vedere di nascosto l'effetto che fa.

Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Ma perché? Perché no!

Si potrebbe poi sperare tutti in un mondo migliore.
Vengo anch'io. No, tu no.
Dove ognuno, sì, e' già pronto a tagliarti una mano
un bel mondo sol con l'odio ma senza l'amore
e vedere di nascosto l'effetto che fa.

Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Ma perché? Perché no!

Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale.
Vengo anch'io. No, tu no.
Per vedere se la gente poi piange davvero
e capire che per tutti è una cosa normale
e vedere di nascosto l'effetto che fa.

Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Ma perché? Perché no!


Testo da Da italianissima.net

Come Mercurio. Con le ali ai piedi. Se ti sparano dietro. 25 marzo 1974. Monza. Festa degli Imbecilli.

E arriva, con marzo 1974, l'atteso processo a Bistecca, Michelin e altri esponenti della destra che tra Sesto San Giovanni, Monza, Desio e Brianza avevano imperversato causando danni, un po' qua, un po' là. Presidio, davanti al Tribunale di Monza, oggi famoso nelle immagini per i procedimenti delle tangenti al Comune di Sesto. Ma qualcosa, non va. Una frangia incontrollata, del servizio d'ordine di Lotta Continua, crea disastri. Svaligiata l'armeria, vicino all'Arengario. Scontri, coinvolgendo giovanissimi degli istituti superiori, in una città che non consente vie di fuga. Festa degli imbecilli. La chiamo. Presi in quasi duecento. Messi nei garage della caserma dei carabinieri. Picchiati, su ordine del colonnello comandante, a saracinesche chiuse. Il milite, giovane, che doveva picchiare me, fa finta di obbedire, incredulo, a quell'ordine. Mi salva il viso, dà un paio di colpi tra costole e schiena, mentre sono supino, a terra. Prima, in piazza, avevo cercato di difendere chi scappava, ragazze e ragazzi, sventolando la bandiera sulla testa degli agenti, per evitare che fermassero chi nulla c'entrava. Uno, agente di polizia, mi insegue e, davanti a Sala Maddalena, mentre scappo, spara. Uno, due, tre colpi. Il tempo di girarmi, vedere l'arma puntata su me e non sul cielo, e, come Mercurio, metto le ali ai piedi, superando record olimpionici di corsa. Che finisce sul Lambro, negli Spalti, dove non si va da nessuna parte. Fu lì, che finii sdraiato sul ponte, mitra puntato alla nuca, con Sergio Segio, amico, fino allora. La Festa degli Imbecilli, quel 25 marzo 1974, finì sulla copertina del settimanale l'Espresso. La frangia incontrollata del servizio d'ordine era una prova per l'imminente Prima Linea. Di lì a poco, nel congresso del '74, esponenti di Sesto San Giovanni usciranno da Lotta Continua. Gli imbecilli, che finiranno farsescamente, dopo numerosi omicidi, con la "consegna delle armi" al Cardinale Martini, hanno determinato arresto (tre mesi) e condanna per Cespuglio, Angelo Brambilla Pisoni, responsabile del servizio d'ordine, presidente della Cooperativa 15 giugno che editava il quotidiano, da me conosciuto quand'era ancora a Bresso/Cinisello, che ho saputo morto, qualche anno fa, nell'Oltrepo pavese, dove si era ritirato. Gli imbecilli, ho scoperto quando sono stato rilasciato dalla caserma dei carabinieri, avevano abbandonato, diciamo in un luogo vicino a Spalto Piodo, sede di Lotta Continua, uno scatolone con una dozzina di bottiglie molotov. Che ho dovuto far sparire. A merito degli imbecilli e della loro festa.

Vedi, interessante, per ricordare quegli anni, dal CUB Pirelli: www.fondazionecipriani.it

venerdì 7 ottobre 2011

L'ultimo golpe. Gennaio 1974. Clandestini e in allarme. Dopo sarà peggio.

Il rientro nella società civile, dopo quindici mesi di militare, dicembre 1973, non è semplice. Prima, servono i denti, che sotto naja puoi togliere ma non curare, se non a tue spese. Con la dentatura rimessa a posto, i soldi erano di papà e mamma, posso rientrare nel mondo. Ripartiamo, per decisione comune in De Cristoforis, da Monza. Gennaio 1974 non ha cambiato, apparentemente, granché, da gennaio 1972. Nel senso dei tentativi di golpe e colpi di stato, di pronunciamenti militari e via così. Sull'organizzazione, molto è cambiato, ma è ancora presto per scoprirlo. Alla fine di gennaio, 1974, mi ritrovo militare. Perché, stanotte, ci sarà un colpo di stato...
Via, per la Brianza, ad organizzare basi e punti. Allestiamo in una cascina di Agrate, vicino alla Star,  l'informazione, con il ciclostile, un unico responsabile. Per non dare nell'occhio. Primo appuntamento, la mattina successiva, per istruzioni, alle ore 8.00, in Piazzale Loreto. (Che se per caso fosse successo, il golpe, mi arrestavano appena arrivato, in Piazzale Loreto...). E, per finire, grande paura. Rientrata. Perché del golpe, frutto di menti malate di quattro militari deviati, Rosa dei Venti, non se ne fece niente. Ma solo perché l'Italia era ancora Italia. E non accettava casini del genere. Quella notte, degli allarmi del gennaio 1974, divenne la notte del milione di italiani, militanti politici, pronti ad opporsi all'ultimo rigurgito golpista. Per la democrazia. Semplice, semplice.

giovedì 6 ottobre 2011

Cerchi lavoro? Ma non sei terrone. Che vuoi fare all'Innocenti, tu, di Milano? (1974)

Abituato ai jeans, a uno spolverino, a una camicia, è difficile presentarsi per cercar lavoro. Trovo pantaloni, normali, maglione della nonna, cappotto, e mi presento all'Innocenti di Lambrate. Ho bisogno di lavorare. Ho bisogno di un lavoro. Militare finito. Di politica non si campa. Visita medica, prelievi, sano, giovane, tutto ok. Penso di essere nel 1974, con la fabbrica che assume, per le macchine, la Austin, la Mini, De Tomaso, chi se ne ricorda...? Tutto bene, visite superate, idoneo, mi portano in reparto, presse, mostrano come escono gli stampi, come fare attenzione, mi presentano ai futuri, colleghi, operai. Che guardano, curiosi, me, ragazzo, di 22 anni. Passa una settimana, niente. Passa un'altra settimana, chiamo in fabbrica, e mi dicono che devo avere ancora un incontro con lo psicologo... Vado dallo psicologo, mi guarda, mi chiede "Ma perché, lei, che non è meridionale, che è di Milano, vuole venire a lavorare all'Innocenti, alle presse...?". Rispondo: "Perché ho bisogno di lavorare, sono senza lavoro...".
Non mi hanno preso, nel reparto presse, dello stabilimento Innocenti di Lambrate. Forse, mi è andata bene, mi sono salvato da un futuro di operaio pressato e stressato. Ma siccome non l'ho deciso io, stronzo lo psicologo, stronzo De Tomaso, stronza l'Innocenti. Che, dopo, ha chiuso. Fine, indegna, ma già segnata, di una fabbrica storica, milanese.
* il cancello (foto) è mio, dove abito, a Feltre, diverso da quello dell'Innocenti.  

mercoledì 5 ottobre 2011

Datemi un salotto. Che ci vomito. (Dada Maino, della mia grande vergogna.1972.)

Mauro, Rostagno, nella primavera 1972 mi dice, a Monza,: "Guarda che arriverà un'artista, che vuole vedere le fabbriche, il lavoro politico, seguila tu.". E come? In motorella? Dove la porto? Insomma, arriva Dada Maino, artista, pittrice. Per fortuna, tutto si risolve con qualche partecipazione alle riunioni in sede, in Via Spalto Piodo a Monza, e,  forse, con una presenza davanti alla mensa Philips. Una sera, per finire, invito a casa di Dada, villetta vicino Viale Zara, Piazzale Lagosta. Penso io, Non portatemi nei salotti... Sono troppo abituato a stare coi piedi per terra... Già il teatro di Dario Fo, alla Comune, mi sembra lontano dal quotidiano... Insomma... Infine... andiamo, con Monza, a casa di Dada. Lei mi porta nel seminterrato, dove disegna, dipinge, figure certosine, puntuali, linee rette e punti che, insieme, danno la dimensione della sua arte. Fin qui, tutto bene, io gentile, attento, cortese. Poi, sopra, nel salotto, mi fanno bere, bevo, vinaccio da bottiglione... A un certo punto, nel salotto, gli occhi mi vanno di traverso... attenti... sto male... Aldo e Cosimo fanno "Noo, aspetta....". Ma io esplodo, come un pozzo petrolifero, e invado tutto quello che mi si presenta di fronte... Ricordo, una dozzina, impegnati a pulire, lo schifo. Qualcuno mi accompagna in bagno, anche se non serve più... Una vergogna così, non l'ho mai più provata.
Quando Milano, a Dada Maino, ha dedicato una mostra, non sono andato. Avevo, nel cuore, ancora quella vergogna.
Oggi, Dada, non c'è più. E anch'io, in parte, manco.

Al "Bianco e Nero". In cerca di lavoro, Corso Venezia/San Babila, Milano 1975.

Fame chiede lavoro. Primavera 1975 decide, per un posto, qualsiasi. Milano, allora, poteva permetterti di lavorare, da un giorno all'altro. Vado, da annuncio, al Bianco e Nero, Corso Venezia, quasi San Babila. Abituato a correre, a non mangiare, a non dormire. Perfetto. Centosessantamilalirealmese. Ok. Facciamo centottanta? Il boss negozio, "Io sono del MSI", prende le mie parti, perché non sa... chi sono. Arriva il Big Stilista Bianco e Nero. "Il ragazzo", dice il boss MSI, chiede centottanta. Il Big Stilista, impomatato, incremato, impostato, incerato, dice... "Se garantisci Tu..., Sì".
Io dico: no. Tre giorni, al Bianco e Nero, mi sono bastati. Perché siamo infinitamente lontani dall'umanità e dalla creatività di Lyda Toppo, dalla semplicità, dalle ragazze che creavano collane, anelli, bracciali, mostrando il meglio di se stesse, mentre lavoravano... Coppola e Toppo, di Via Manzoni e Viale Majno.  Era amore, era sessualità espressa. Era vita. Il Bianco e Nero era, semplice, commercio... la stoffa, particolare, il jeans particolare, la minchia, particolare...
Claudio, controllando e passando, mentre lavoravo al Bianco e Nero, disse, "Vieni via, scrivi per il settimanale ABC, da casa mia.". Milano, primavera 1975, quando i giorni, ancora, duravano mesi.
* Le schifezze di ortensie in giardino sono mie, ma le metto perché non sono Bianco e Nero. 
(Ho anche qualcosa di "bianco e nero").  

Facciamola finita. Pezzi di merda. Feltrinelli, Giangiacomo, da Feltre. Marzo 1972.

Mentre nel 1973 c'è l'oasi del militare, Aviano, Maniago, meningiti, morti. violenze, allarmi, illibertà, nel quotidiano 1972, a pochi giorni dall'11 marzo delle manifestazioni, esplode, su un traliccio di Segrate, l'editore Giangiacomo Feltrinelli. Ma chi ci crede? Certo, Feltrinelli è di sinistra, dei GAP, pensa come tutti alla possibilità di colpi di stato, di golpe. Perché ci sono. Ricco, da salotto, viaggia in camper con trecento milioni in contanti. Mai più ritrovati. Da altre parti, con centomila lire ti facevano secco. Vuoi perdere l'occasione... di un traliccio... a Segrate? Pezzi di merda. Pezzi di merda. Pezzi di merda. Avete ucciso, per potere. Per denaro. Per pensiero infernale, antidemocratico. Avete ucciso, chi potevate, chi ricco ma debole, per uccidere tutta l'Italia, gli Italiani, la libertà, la lotta, l'universo sognante, visibile e invisibile... Avete ucciso.
Caso vuole, mentre scrivo, da Feltre, che i Feltrinelli fossero di Feltre, poi a Bergamo, siamo nella Serenissima, poi a Milano.
Ho incontrato Carlo, il figlio, per caso, quando facevo Il Giro del Mondo in Settanta Giorni, al Cinema Paris di Milano, Moscova/Garibaldi.
Un saluto. Perché di più non faccio.
Ma: non fatemi digerire la morte di Giangiacomo Feltrinelli, da Feltre/Bergamo/Milano, come terrorista. Perché sareste pezzi di merda come i suoi assassini.
* La foto è de "L'albero Incantato", sesta edizione, 2011, Piazza Maggiore, Bonsai Club Feltre.

martedì 27 settembre 2011

Telefonata da Giuseppe. In caserma, insieme, alla Baldassarre di Maniago.

Ieri, ha telefonato Giuseppe. Su internet ha visto che si parlava di Maniago. Eravamo, insieme, nella 5a Compagnia Genio Pionieri, alla Badassarre. Poi, lui di Torino, è andato alla Mirafiori. Ora, lavora a Milano.
Ho detto: racconterò, ancora...
Sono tornato, nelle caserme del Friuli, nel 1975. Facevo da guida a Lidia Ravera, per via del settimanale ABC, dove, grazie a Claudio, curavo la pagina sui militari. Ad ABC, c'era, con Lidia Ravera, Guido Passalacqua, che poi gli spararono alle gambe, quand'era a Repubblica, a casa sua, Brigate Rosse, dicono, ma lui li conosceva, e non comprese il perché. Con Lidia andammo ad Ipplis, caserma Prima Guerra Mondiale, sul confine, paesino, strada sterrata, incontro con militari con scusa visita parenti. Lidia, scrisse, su ABC. Tornai in Friuli nel 1979, il 4 luglio, festa dell'Indipendenza USA. Con Igi, di Udine, andammo ad Aviano, base aperta al pubblico, aerei in esibizione, cronaca scarsa, pance da birra ed hamburger, tutto là. In moto, Transalp, tornai ad Aviano e Maniago, vent'anni dopo. Nel 1993, la nostra palazzina aveva le finestre rotte. Il piantone, all'ingresso, mi guardò come fossi un marziano, che mi presentavo come ex geniere, vent'anni dopo. Ebbe compassione, disse che le cose erano cambiate, ora si era Brigata, c'era sempre l'Artiglieria. Stessa storia ad Aviano, tutto abbandonato, solo una compagnia di avieri, alla Zappalà.  Tornai a Maniago nel 2003, trent'anni dopo. Sorvolai la caserma, passeggiai per la piazza, quella delle rose rosse, cercavo il maestro d'armi Del Tin, in zona artigianale. Mentre altri facevano coltelli e forbici, Del Tin faceva spade e alabarde, corazze, per il cinema, la televisione, le rievocazioni storiche. Con le armi di Del Tin, feci un'esposizione, nella Sala degli Stemmi in Municipio, nel giugno 2003, per la Mostra Regionale dell'Artigianato di Feltre. Per me, oggi, Maniago, Aviano, Barcis, Claut, Montereale Valcellina, Pordenone, Spilinbergo, Sacile... sono luoghi magnifici, da visitare, da passeggiare, da pensare.

* Non ho tempo per cercare le foto di Del Tin, 2003. Metto Walpurgis, domenica 25 settembre 2011, Piazza Maggiore, Feltre.   

martedì 20 settembre 2011

Maniago. Dove il vento si taglia col coltello. (Naja, 1973)

Maniago, Pordenone. Prima c'è Nuovo Vajont. Villaggio, che è già un saluto. Da Barcis, dal lago e dalla valle del Cellina, tira un vento che ti stira. A Maniago fanno coltelli. Oggi, come allora. Averne uno, quando giri l'angolo della palazzina, in caserma, servirebbe per tagliare il gelo di un inverno da dimenticare. Genieri, in un piano, Trasmettitori, sopra. Sanità, nella seconda palazzina. Tutti, serviamo, il battaglione d'artiglieria. Tra l'uno e l'altro, siamo quasi tremila. Il paese è vicino, un paio di km. Non è come Aviano. Il Friuli delle trattorie, servitù militari italiane, è gestito da famiglie, papà, mamma, figlio, figlia. Più umano. Quasi ogni giorno mi chiamano all'altoparlante, ..." il geniere taborgna..." convocato da questo, da quello, dal Capitano della Compagnia. L'enfasi pseudogolpista prevede, solo nella mia Compagnia, decine di Lotta Continua. Uno ha fatto uno sciopero a scuola. L'altro, arriva da Torino. E tanto basta. Un altro, da Savona. Due-tre da Milano. L'ipotesi sovversiva, utile per altri scopi, deve, per esagerare, dare importanza a ragazzi ventenni. Passano i giorni, passa la naja. Dopo cinque mesi, da quando son partito per Palermo, non ho ancora avuto una licenza. Le avrò solo per processi politici. L'avrò, quando passerà la marcia antimilitarista di Pannella e dei Radicali, che aveva l'adesione di Lotta Continua. Allora, mi mandano a Milano. Ma io parto, timbro la licenza, riprendo il treno, torno. Sarò alle tappe di Aviano e Pordenone. In borghese. Un amico di Fucecchio, della Baldassarre, mi lascia le chiavi della moto, Gilera 150, parcheggiata davanti alla caserma. Con quella, e con una ragazza bionda, prestata per confondere e confondermi, sarò ad Aviano. Poi a Pordenone, dove Marco Pannella si sdraia davanti alla Caserma Fiore. Torno a Milano. Riparto per Maniago. Dove un tenente firmaiolo, stronzo, dice: "Ti ho visto in moto con una bella bionda...". "Non ero io, Signor Tenente. Io ero a Milano, in licenza". Sai com'è, si rischiava Peschiera...
Le riunioni, tra militari, le facevamo in parrocchia. Anzi, un paio, in una chiesetta sopra il centro di Maniago. Il capitano Mario Branca, di Palermo, alto e grosso, aveva il suo daffare con un napoletano, alto e grosso, che di naja non voleva saperne e scappava, verso l'uscita della caserma, ad ogni adunata del mattino. E lui, il capitano, dietro, a rincorrerlo. È andata così, per qualche mese. Il napoletano alto e grosso, che scappava, dormiva sopra di me, nella branda a castello. Non mi ha mai dato fastidio, nonostante il peso.
Maniago scorreva, mese dopo mese. Con i giornali, acquistati nell'edicola della piazza, si sapeva del mondo. Campo ad Asiago, sull'altopiano, ghiaccio e freddo, stress, sporco, richiesta/protesta per doccia, trasferimento a Motta di Livenza per lavarci. Campo a Lignano, stress, ponte sul Tagliamento, radio che non funziona, rischio denuncia per difesa siculo ubriaco/malato, Capitano Branca che non molla, mi vuole sempre al suo fianco, mi incarica di suonare la sirena del rancio, delle adunate, delle stronzate... 2 giugno, rose rosse, capitano in ginocchio "Che ho famiglia, tu mi rovini..." io sull'attenti, nel suo ufficio, "Capitano, che fa, si alzi...".
Pur di tenermi lontano dalla caserma, sotto controllo, mi porta con un M113 in mezzo a un campo, tutto il giorno, a far niente. Riuscirà, comunque, a darmi dieci giorni di CPR, non si sa perché. La sua umanità, decide, per il congedo, con me. Va nel Genio Civile. Dopo il trasferimento dei tre Colonnelli comandanti, sembra la strada giusta. Io, resto in caserma, ultimo del mio contingente, a scontare la punizione. Un sottotenente, allenta di qualche giorno, la mia condanna. Mi libera, quasi a Natale, 1973. Torno a Milano. La naja è finita.