Siamo a settembre, e l'11, delle torri gemelle, è vicino. La sai l'ultima? Eccola:
Venerdì 6 maggio 2011, mezzogiorno, suona il telefono (piange, come diceva Modugno dal 1975). "Pronto?", "Sì, pronto, qui Carabinieri di Feltre, il signor Taborgna?", "Si...", "...Signor Taborgna, dovrebbe presentarsi in caserma al più presto...", "D'accordo", rispondo, concordando per le ore 16.00.
Alle 16.00, mi presento al Comando CC di Feltre.
Conosco bene, le caserme, anche da quando, i carabinieri, li intervistavo fuori da Vincenzo Monti, radiopattuglie di Milano, guidate, come tutta la Legione, dallo scomparso (mafia maledetta) Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
E loro conoscono me, da più di quarant'anni.
Bene. Dopo lunga attesa, vengo ricevuto dal maresciallo. Già nel saluto, noto una punta di imbarazzo... "Signor Taborgna, ...l'ho chiamata per sapere... come mai... dal Comune di San Gregorio Nelle Alpi... lei risulta immigrato...". "Mah", rispondo, "sono di Milano, trasferito come residenza a Feltre, da qui a San Gregorio Nelle Alpi, ed oggi ancora a Feltre...". "Allora potrebbe essere un termine usato dall'anagrafe, immigrato...". " Mah, veda Lei..., penso di sì...".
Chiuso il discorso, tanti saluti e baci, e un altro pomeriggio con i carabinieri. Che stimo e apprezzo. Grazie.
Ma perché accadono ancora queste cose? Ma perchè c'è ancora tanto tempo da perdere?
Conclusione: martedì 2 maggio viene ucciso Osama Bin Laden - venerdì 6 maggio, vengo convocato dai carabinieri perché, all'anagrafe di uno sperduto paesino bellunese, milleseicento abitanti, dove certo nessuno si conosce, risulto IMMIGRATO.
Di me, si sa tutto, persona pubblica e privata, dalla tenera età di tredici anni, prima volta portato in Questura a Milano, reparto "asilo infantile".
Possibile che, per burocrazia antiterroristica, ci si possa ridurre in questo Stato? Possibile. Italia...Italia...
Osama "Sim Sala Bim" Taborgna, trasformato da Mago Silvan in afganoarabolibico, dedica a tutti "Italia" di Mino Reitano.
Ciao, alla prossima.
ITALIA
Era tanto che volevo
Col mio canto dire a te
Grazie a un vecchio pensiero
Grazie al mio paese che
Quest'Italia che respira
Sempre bella e c'è un perché
Questa gente le vuol bene
Questa gente è come me
Poi mi prende l'emozione
Per Firenze che sta là
Per Venezia che si muove
E l'eterna Roma è qua
Italia, Italia
Di terra bella e uguale non ce n'è
Italia, Italia
Questa canzone io la canto a te
Un giardino dentro al mare
Contadina come me
Ride e canta e ballerina
Forse il sole è nato qui
Quest'Italia che profuma
Di oleandri e di perché
Anche quando si è un po' stanchi
Non ci si arrende per un se
Italia, Italia
Di terra bella e uguale non ce n'è
Italia, Italia
Questa canzone io la canto a te
Non ci si arrende per un se
Italia, Italia
Di terra bella e uguale non ce n'è
Italia, Italia Questa canzone io la canto a te
(Italia, di Mino Reitano)
giovedì 1 settembre 2011
mercoledì 31 agosto 2011
Incontri incredibili 2008: Renato Curcio e Mario Merlino.
Va' a pensare che, nell'eremitaggio delle Dolomiti, per caso, ti incontri con Renato Curcio e Mario Merlino, separatamente. Comunque era il 2008. In giro con mio figlio Nicolò, il maggiore, ricostruita la data nel 19 settembre 2008, troviamo in un locale di Feltre storica Renato Curcio. Solo soletto, arrivato per presentare uno dei suoi libri (I dannati del lavoro), nel circolo Désir, la sera. "Guarda che c'è Renato", dice l'amico dal banco. "Renato chi?" dico io, guardando in giro e chi era seduto sullo sgabello davanti a me.. "Curcio, po'...". E allora a ricordare la sede di Via Curtatone a Milano, il Collettivo Politico Metropolitano, che da lì si vedeva la Caserma di Via Lamarmora e si sapeva quando andavano a caricare o fare uno sgombero. E di Arialdo, che interveniva al Bertarelli serale dove ero iscritto nel '69. E ancora, di Mauro Rostagno, dopo, e di quando, mese dopo mese si cambiava etichetta passando da Collettivo Politico Metropolitano a Sinistra Proletaria fino a Nuova Resistenza e della fortuna, immensa, che ho avuto, di rompermi l'osso del collo in moto proprio il primo agosto del '70. "Sì, sei stato fortunato, conferma Renato". E ci credo. Quando sono uscito dall'ospedale, la sede di Via Curtatone era sparita. In Piazza Duomo un barbone, uno con la barba, distribuiva Nuova Resistenza: come fare barricate, costruire molotov, ecc. E poi, infine, Brigate Rosse. Certo che sono stato fortunato con quell'incidente in motoretta. Però, a Renato, bisognava dirglielo: sai che sonno facevi venire quando parlavi per ore alle riunioni? Il contrario del suo amico Mauro Rostagno, che poteva tenerti sveglio una notte intera. Ben ben, va' là. E le botte del Movimento Studentesco di Capanna, che ci ha dato nella manifestazione serale di Piazzale Loreto? Per via di quei cartelli Sinistra Proletaria con falcemartellofucile. Vabbè, fatta anche questa.
Più o meno stesso periodo, chi ti trovo? In un paesino vicino Feltre? Mario Merlino. Romano, insegnante di filosofia, di destra, era l'accusato con Pietro Valpreda, anarchico, per la strage di Piazza Fontana. Abbiamo trascorso un pomeriggio, insieme. Mi ha fatto vedere il suo ultimo libro (tipo storia dell'epopea nazista e fascista), abbiam parlato di cinema, di cultura, di questo e di quell'altro, concordando su quasi tutto. Il suo libro, storico, dai, quattrocento pagine, era dovizioso e scritto bene. Io manco mi ci metterei, ovviamente. Però, con Mago Merlino, ha sempre barba e capelli lunghi, un tempo neri, ora bianchi, ci siamo detti una cosa: ci hanno fregato e usato tutti quanti, allora, nevvero?
*Pietro Valpreda l'ho incontrato solo un paio di volte, in Brera, a Milano. Per lui avevamo innalzato striscioni lotte processi "Valpreda innocente, Valpreda libero". Fu Mauro Rostagno ad affermare, per Piazza Fontana, mentre si avallava la pista anarchica, che "La Strage è di Stato".
*Giuseppe Pinelli abitava vicino ai miei genitori, in Via Tracia, Piazzale Selinunte, quartiere San Siro.
Più o meno stesso periodo, chi ti trovo? In un paesino vicino Feltre? Mario Merlino. Romano, insegnante di filosofia, di destra, era l'accusato con Pietro Valpreda, anarchico, per la strage di Piazza Fontana. Abbiamo trascorso un pomeriggio, insieme. Mi ha fatto vedere il suo ultimo libro (tipo storia dell'epopea nazista e fascista), abbiam parlato di cinema, di cultura, di questo e di quell'altro, concordando su quasi tutto. Il suo libro, storico, dai, quattrocento pagine, era dovizioso e scritto bene. Io manco mi ci metterei, ovviamente. Però, con Mago Merlino, ha sempre barba e capelli lunghi, un tempo neri, ora bianchi, ci siamo detti una cosa: ci hanno fregato e usato tutti quanti, allora, nevvero?
*Pietro Valpreda l'ho incontrato solo un paio di volte, in Brera, a Milano. Per lui avevamo innalzato striscioni lotte processi "Valpreda innocente, Valpreda libero". Fu Mauro Rostagno ad affermare, per Piazza Fontana, mentre si avallava la pista anarchica, che "La Strage è di Stato".
*Giuseppe Pinelli abitava vicino ai miei genitori, in Via Tracia, Piazzale Selinunte, quartiere San Siro.
Memorie pesanti. Due morti che cambiano la vita: Mauro Rostagno e Alexander Langer.
Mi trovavo a Feltre, che frequentavo da pochi mesi anche per la presenza della sede IULM e il mio lavoro di orientamento universitario, quando al telegiornale delle 20.00, apparve la foto di Mauro Rostagno. Pensai, "bene, avrà qualche novità da raccontare". Restai ammutolito, e poi immobile per lungo tempo davanti al televisore, quando diedero notizia del suo assassinio, a Trapani. Fu soprattutto questo, da quel 26 settembre 1988, a farmi decidere verso il definitivo abbandono di Milano. Dove non avevo più niente da dire, da fare, da pensare. Dove, uscendo, anche gli incontri erano per me ripetitivi, stessa gente, stessi luoghi.
A Feltre, mi dicevo, potrei essere vicino ai fratelli Boato, Venezia e Trento; e anche, dalle parti e nel collegio elettorale di Alex Langer, di Sterzing/Vipiteno, Bolzano.
Così fu, in effetti. Per qualche anno frequentai Michele, a Mestre, e incontrai anche Marco e Alex, a Trento, in diverse occasioni. Per Alex, ci fu anche un piccolo incontro a Belluno, per la sua campagna elettorale, dove poi effettivamente risultò eletto per il Parlamento Europeo.
Ma il 3 luglio 1995 anche la mia vita, con la morte di Alex a Firenze, fu destinata a drastici cambiamenti. Dopo il funerale, nella Cattedrale di Bolzano, l'allontanamento dalla politica, ormai fatta solo di poltrone, fu totale.
Forse, un giorno, riuscirò a raccontare qualcosa di Mauro, di quando si andava a Monza, in pieno inverno, con la mia motoretta, per fabbriche e scuole. Il più grande insegnamento.
Forse, un giorno, riuscirò a raccontare qualcosa del dentone crucco di Sterzing, dei ricordi che ho di lui, sempre in viaggio, a Milano e Roma, poi a Chianciano e infine a Trento e Belluno.
Oggi, parlarne, mi pesa ancora troppo.
Perchè i pensieri si fissano, più che sulla vita e sulla voglia di raccontare, sulla loro morte.
Per Alex, vorrei solo indicare una visita nel piccolo cimitero vicino Sterzing, dov'è sepolto. Lassù, una volta, mi ci aveva accompagnato Edi, di Bolzano.
A Feltre, mi dicevo, potrei essere vicino ai fratelli Boato, Venezia e Trento; e anche, dalle parti e nel collegio elettorale di Alex Langer, di Sterzing/Vipiteno, Bolzano.
Così fu, in effetti. Per qualche anno frequentai Michele, a Mestre, e incontrai anche Marco e Alex, a Trento, in diverse occasioni. Per Alex, ci fu anche un piccolo incontro a Belluno, per la sua campagna elettorale, dove poi effettivamente risultò eletto per il Parlamento Europeo.
Ma il 3 luglio 1995 anche la mia vita, con la morte di Alex a Firenze, fu destinata a drastici cambiamenti. Dopo il funerale, nella Cattedrale di Bolzano, l'allontanamento dalla politica, ormai fatta solo di poltrone, fu totale.
Forse, un giorno, riuscirò a raccontare qualcosa di Mauro, di quando si andava a Monza, in pieno inverno, con la mia motoretta, per fabbriche e scuole. Il più grande insegnamento.
Forse, un giorno, riuscirò a raccontare qualcosa del dentone crucco di Sterzing, dei ricordi che ho di lui, sempre in viaggio, a Milano e Roma, poi a Chianciano e infine a Trento e Belluno.
Oggi, parlarne, mi pesa ancora troppo.
Perchè i pensieri si fissano, più che sulla vita e sulla voglia di raccontare, sulla loro morte.
Per Alex, vorrei solo indicare una visita nel piccolo cimitero vicino Sterzing, dov'è sepolto. Lassù, una volta, mi ci aveva accompagnato Edi, di Bolzano.
Memorie 1977: Solo, davanti al feretro di Antonio Custra, III Celere di Milano Bicocca.
La morte del sottufficiale Antonio Custra, a Milano in Via De Amicis, mi colpì molto. Perchè significava, insieme ad altri fatti, la fine della politica. Seppi, sul lavoro, in università, poco dopo, dell'accaduto. Forse perchè mi occupavo di informazione e forze armate; forse perché Custra e io avevamo venticinque anni, in quel 1977; forse perché la Bicocca era stata la caserma di mio padre, dove si ammalò, negli Anni Cinquanta, e venne congedato come invalido per servizio. Con questi e altri forse, decisi di andarci, il 15 o il 16 maggio, per vedere la salma del vice-brigadiere. Entrai nell'ampio cortile della caserma e mi trovai solo, in una situazione irreale, di silenzio e di assenze. Dopo averlo attraversato, entrai nella sala a piano terra, osservando la bara, il corpo nella divisa, sostando per qualche minuto. Uscito, mentre mi dirigevo al cancello, incrociando tre in pedi, fermi, in borghese, feci un cenno di saluto e fu a quel punto che "Ciao, collega, di che caserma sei?". "Sono un cittadino", risposi, "un semplice cittadino, ciao".
Li chiamarono anni di piombo, poi, da lì in avanti. Ma quello che pensavo allora non è cambiato: morti gratuite, inutili, frutto di borghesucci, armati, che faceva moda, a scuola o dove, far vedere una pistola.
Li chiamarono anni di piombo, poi, da lì in avanti. Ma quello che pensavo allora non è cambiato: morti gratuite, inutili, frutto di borghesucci, armati, che faceva moda, a scuola o dove, far vedere una pistola.
martedì 30 agosto 2011
Con Sergio Segio. A terra, sul ponte di Spalto Piodo a Monza. 1974. Mitra puntati alla testa. Perché...?
Ciao, Sergio. Per che? Sdraiati sul ponte del Lambro, vicino alla nostra sede, in Spalto Piodo, a Monza, con i mitra dei Carabinieri puntati alla nuca, in quella primavera del 1974, eravamo noti, conosciuti e riconoscibili. Perché, pur sapendo chi eri, e già ti avevano arrestato con un mitra a Sesto San Giovanni, ti hanno lasciato circolare? Oggi, 2011, ritenendomi riconosciuto e riconoscibile, nel salutarti, ricordando quanto sia seguito e perseguito per aver inneggiato alla libertà, dico: a) gli errori non si cancellano con una gomma, come alle elementari; b) l'eroismo è dei forti, non di chi accorciando le vie dimostra le sue debolezze. c) chi uccide non ha scampo, se non lo ha fatto per legittima difesa; d) l'esibizione e la moda sono cose che devìano la natura; e) lo spirito del sacrificio esula dall'immolare altri; f) non perdonerò mai chi ha portato Umberto, giovane studente dell'Istituto d' Arte di Monza, a sparare sul Giudice Alessandrini... Basta?
Ho appena cominciato.
La prossima volta che ti vedo in Tv, pur se in film con Susanna, la spengo. Anche se ti voglio bene. E risparmia le interviste, per carità. Il silenzio è sempre d'oro.
Ma che? Stiamo parlando degli anni di piombo, di rivoluzione? E chi li ha visti mai: Solo al cinema. Sui giornali. In Tivù. Italia, Italia...
Ho appena cominciato.
La prossima volta che ti vedo in Tv, pur se in film con Susanna, la spengo. Anche se ti voglio bene. E risparmia le interviste, per carità. Il silenzio è sempre d'oro.
Ma che? Stiamo parlando degli anni di piombo, di rivoluzione? E chi li ha visti mai: Solo al cinema. Sui giornali. In Tivù. Italia, Italia...
lunedì 29 agosto 2011
Rose rosse per te. Da Maniago. 2 giugno 1973. Vaffanculo.
Pare, dai rari incontri che ho, che siano questi racconti ad interessare i più. Bene, cominciamo. Senza foto d'epoca, se no mi internavano. Due giugno 1973. Caserma Baldassarre di Maniago (Pordenone). Che salta in mente ai nostri pseudogolpisti di allora? Di celebrare la Festa della Repubblica, il 2 giugno 1973, con un repubblichino (di Salò) antirepubblicano e antitaliano (alleato dei nazisti). Giorgio Almirante. E così, in quattro e quattr'otto, noi soldati di leva, mettiamo in piedi l'anti-festa. Come? Guarda guarda, che bel giardino di rose rosse. Senza far danno, in una trentina, ne prendiamo una a testa e ce le teniamo in mano. Passeggiando per la piazza, in fila indiana, in divisa, che allora era d'obbligo, proprio mentre sul palco ci sono i tre colonnelli comandanti della caserma e un soldato, anche lui in divisa, tal Franco, di cognome, che anticipa i saluti del presidente MSI al popolo, friulano e italiano, militare e civile.
Putiferio. Chi sono questi, in divisa, che passeggiando, osano, con le rose rosse? Mario Branca, di Palermo, mio capitano della 5a Compagnia Genio Pionieri della Divisione Ariete, con comando del battaglione a Motta di Livenza, ben lo sa. S'avanza, lo strano ufficiale e mi intima, dopo "che fate?" di avere la divisa in disordine..., per via della rosa rossa.
Premessa: il Regolamento Militare vietava, comunque, ai militari la partecipazione a manifestazioni politiche e pubbliche.
Per cui: parte Mario, di Roma, il 3 giugno, in licenza, con quattro righe che indicano i fatti, i nomi, i festeggiamenti repubblichini e le rose rosse dei trenta soldati democratici (italiani). Le consegna alla redazione del quotidiano Lotta Continua.
Quindi: tipo, il 5 giugno, esce l'articolo su Lotta Continua, in prima pagina, "Le rose rosse di Maniago".
Casino, al Comando di Pordenone della Divisione Ariete. Generali, che leggono Lotta Continua. Convocazione dei tre colonnelli comandanti. A: è tutto vero. B: trasferimento immediato. C: Il capitano Branca in tutta fretta, dà una licenza e mi accompagna, in jeep, per il treno che mi portava a Milano per un processo (politico). Ancora in viaggio, i carabinieri si presentano ai miei, in San Siro, per sapere se sono arrivato. Al Distretto Militare, dove si vista la licenza, vengo convocato dall'Addetto stampa come amico di Liverani e Capanna (Movimento Studentesco). Gentile, cordiale, l'ufficiale. Ma io che c'entro? Ho solo un processo per niente. E sono sfilato a Maniago con una rosa rossa in mano. È primavera, no? E da italiano canto Bella ciao. Vaffanculo. A settembre han fatto il golpe in Cile. Vaffanculo.
(Foto: Piazza di Maniago, PN, 2004)
Putiferio. Chi sono questi, in divisa, che passeggiando, osano, con le rose rosse? Mario Branca, di Palermo, mio capitano della 5a Compagnia Genio Pionieri della Divisione Ariete, con comando del battaglione a Motta di Livenza, ben lo sa. S'avanza, lo strano ufficiale e mi intima, dopo "che fate?" di avere la divisa in disordine..., per via della rosa rossa.
Premessa: il Regolamento Militare vietava, comunque, ai militari la partecipazione a manifestazioni politiche e pubbliche.
Per cui: parte Mario, di Roma, il 3 giugno, in licenza, con quattro righe che indicano i fatti, i nomi, i festeggiamenti repubblichini e le rose rosse dei trenta soldati democratici (italiani). Le consegna alla redazione del quotidiano Lotta Continua.
Quindi: tipo, il 5 giugno, esce l'articolo su Lotta Continua, in prima pagina, "Le rose rosse di Maniago".
Casino, al Comando di Pordenone della Divisione Ariete. Generali, che leggono Lotta Continua. Convocazione dei tre colonnelli comandanti. A: è tutto vero. B: trasferimento immediato. C: Il capitano Branca in tutta fretta, dà una licenza e mi accompagna, in jeep, per il treno che mi portava a Milano per un processo (politico). Ancora in viaggio, i carabinieri si presentano ai miei, in San Siro, per sapere se sono arrivato. Al Distretto Militare, dove si vista la licenza, vengo convocato dall'Addetto stampa come amico di Liverani e Capanna (Movimento Studentesco). Gentile, cordiale, l'ufficiale. Ma io che c'entro? Ho solo un processo per niente. E sono sfilato a Maniago con una rosa rossa in mano. È primavera, no? E da italiano canto Bella ciao. Vaffanculo. A settembre han fatto il golpe in Cile. Vaffanculo.
(Foto: Piazza di Maniago, PN, 2004)
mercoledì 27 luglio 2011
Un futuro sui pedali. Nelle Dolomiti. Non solo per salute e benessere.
Un futuro sui pedali, in giro per le Dolomiti ad indicare itinerari cicloturistici e, ogni giorno, come scelta, come vita?
Da piccolo, non avevo la bicicletta, come Irish della canzone New Trolls (Signore io sono Irish, Mannerini-De Scalzi-De Andrè).
In Via Saldini, a Milano, la prendevo in prestito dai Missionari Comboniani. Scavalcavo il cancello, andavo a scuola alla Tiepolo di Piazza Ascoli, la bici in custodia dagli spazzini, nel deposito dietro la scuola. Finite le lezioni, erano delle medie inferiori, pedalavo per casa, Via Moretto da Brescia, riscavalcavo il cancello di Via Saldini e depositavo la bici. Ritenevo il fatto una specie di paga, per le messe che servivo e commentavo. Fino a quando, un fratello comboniano si presentò a casa dicendo ai miei che rubavo biciclette. Da allora, tredici anni, non ho più servito messa. Forse, da allora, a messa, non ci sono più andato.
A Milano, negli Anni Settanta, mi diedero una vecchia e scassata bici, abbandonata davanti casa di un amico. La trasformai in serissima bici da città, nera, con borse laterali e portapacchi. Da lì partirono un paio di Bicifestazioni, così le chiamai, per piste ciclabili, ambiente, eccetera. Ma non si riusciva, a Milano, nemmeno a respirare camminando. Figuriamoci pedalando.
La bici, tornò non appena messo piede a Feltre e Dolomiti. Una Fetre/Belluno, subito (1988?) per ritirare la patente di una suocera, in Prefettura. Poi, in compagnia, anche con furgone di sostegno, da Passo Cimabanche, Cortina, a Dobbiaco, Brunico, Val Aurina per la Vetta d'Italia. Arrivai ultimo, con la mia biciclettina nuova da passeggio, ma arrivai.
Nel '93, inventatomi editore (Feltre Mese poi AGD2000-Agenzia Giornalistica delle Dolomiti), uscì un libriccino di Percorsi in Bicicletta, da Feltre. Esaurito in poco tempo nelle edicole.
Eccoci qua, dunque, oggi. Solo a piedi e in bicicletta.
Vita cambiata.
Basta motori: auto, furgone, roulotte, moto... Basta spese inutili. Basta ricatti. Basta doveri per multe, parcheggi, autostrade, meccanico, gomme, assicurazione, tassa di proprietà. C'è da spostare una macchina? E chi se ne frega, mia non è.
Pedali non solo per salute e benessere, (senza sicurezza e piste ciclabili, in bici si rischia ancora la vita) ma, nel mio caso, per lavoro.
Bicicletta e Dolomiti (www.bicidolomiti.blogspot.com), con pochi percorsi pubblicati, è il blog più seguito sugli 84 che sto gestendo. Spero di farcela. Nei prossimi anni. A pedalare in lungo e in largo, in alto e in basso, tra le Dolomiti.
Ciao.
Nelle foto: Roberto Zito mi ha ripreso il 25 maggio, passaggio Giro d'Italia a Feltre, con Nicolò, figlio maggiore, 21 anni il 28 agosto. Sotto: bici da spesa e trasloco in Piazza Maggiore, Feltre.
Da piccolo, non avevo la bicicletta, come Irish della canzone New Trolls (Signore io sono Irish, Mannerini-De Scalzi-De Andrè).
In Via Saldini, a Milano, la prendevo in prestito dai Missionari Comboniani. Scavalcavo il cancello, andavo a scuola alla Tiepolo di Piazza Ascoli, la bici in custodia dagli spazzini, nel deposito dietro la scuola. Finite le lezioni, erano delle medie inferiori, pedalavo per casa, Via Moretto da Brescia, riscavalcavo il cancello di Via Saldini e depositavo la bici. Ritenevo il fatto una specie di paga, per le messe che servivo e commentavo. Fino a quando, un fratello comboniano si presentò a casa dicendo ai miei che rubavo biciclette. Da allora, tredici anni, non ho più servito messa. Forse, da allora, a messa, non ci sono più andato.
A Milano, negli Anni Settanta, mi diedero una vecchia e scassata bici, abbandonata davanti casa di un amico. La trasformai in serissima bici da città, nera, con borse laterali e portapacchi. Da lì partirono un paio di Bicifestazioni, così le chiamai, per piste ciclabili, ambiente, eccetera. Ma non si riusciva, a Milano, nemmeno a respirare camminando. Figuriamoci pedalando.
La bici, tornò non appena messo piede a Feltre e Dolomiti. Una Fetre/Belluno, subito (1988?) per ritirare la patente di una suocera, in Prefettura. Poi, in compagnia, anche con furgone di sostegno, da Passo Cimabanche, Cortina, a Dobbiaco, Brunico, Val Aurina per la Vetta d'Italia. Arrivai ultimo, con la mia biciclettina nuova da passeggio, ma arrivai.
Nel '93, inventatomi editore (Feltre Mese poi AGD2000-Agenzia Giornalistica delle Dolomiti), uscì un libriccino di Percorsi in Bicicletta, da Feltre. Esaurito in poco tempo nelle edicole.
Eccoci qua, dunque, oggi. Solo a piedi e in bicicletta.
Vita cambiata.
Basta motori: auto, furgone, roulotte, moto... Basta spese inutili. Basta ricatti. Basta doveri per multe, parcheggi, autostrade, meccanico, gomme, assicurazione, tassa di proprietà. C'è da spostare una macchina? E chi se ne frega, mia non è.
Pedali non solo per salute e benessere, (senza sicurezza e piste ciclabili, in bici si rischia ancora la vita) ma, nel mio caso, per lavoro.
Bicicletta e Dolomiti (www.bicidolomiti.blogspot.com), con pochi percorsi pubblicati, è il blog più seguito sugli 84 che sto gestendo. Spero di farcela. Nei prossimi anni. A pedalare in lungo e in largo, in alto e in basso, tra le Dolomiti.
Ciao.
Nelle foto: Roberto Zito mi ha ripreso il 25 maggio, passaggio Giro d'Italia a Feltre, con Nicolò, figlio maggiore, 21 anni il 28 agosto. Sotto: bici da spesa e trasloco in Piazza Maggiore, Feltre.
lunedì 28 marzo 2011
Sei ancora vivo? Medaglia d'argento.
Pari pari da quanto pubblicato su DOVE? di aprile 2011.
"Venerdì 25 marzo, in Campo San Polo a Venezia, nella sede dell'Ordine dei Giornalisti del Veneto, il mensile DOVE? era presente alla consegna della Medaglia d'Argento a Gabriele Maria Taborgna,”Lele”.
Il riconoscimento giunge al superamento dei trent'anni di iscrizione all'Ordine.
Lele Taborgna, giunto nelle Dolomiti e nel Veneto da Milano, con
l'Università IULM, oggi dirige e rappresenta Asslib, Associazione Libero
Commercio, Turismo, Spettacolo, della quale fa parte la nostra
pubblicazione.
La Medaglia d'Argento, che raffigura San Marco mentre scrive il Vangelo,
sottolinea l'mportanza di una lunga attività professionale che Lele Taborgna
dedica a tutti gli operatori associati, al turismo e alle Dolomiti."
Ciao, ciao. Lele. Ma aggiungo una foto da Venezia con Gianni di DOVE? e mio figlio Nicolò.
"Venerdì 25 marzo, in Campo San Polo a Venezia, nella sede dell'Ordine dei Giornalisti del Veneto, il mensile DOVE? era presente alla consegna della Medaglia d'Argento a Gabriele Maria Taborgna,”Lele”.
Il riconoscimento giunge al superamento dei trent'anni di iscrizione all'Ordine.
Lele Taborgna, giunto nelle Dolomiti e nel Veneto da Milano, con
l'Università IULM, oggi dirige e rappresenta Asslib, Associazione Libero
Commercio, Turismo, Spettacolo, della quale fa parte la nostra
pubblicazione.
La Medaglia d'Argento, che raffigura San Marco mentre scrive il Vangelo,
sottolinea l'mportanza di una lunga attività professionale che Lele Taborgna
dedica a tutti gli operatori associati, al turismo e alle Dolomiti."
Ciao, ciao. Lele. Ma aggiungo una foto da Venezia con Gianni di DOVE? e mio figlio Nicolò.
mercoledì 12 gennaio 2011
Quando c'era la Lambretta. Dall'album dei ricordi, Milano 1976.
La Lambretta Innocenti, scooter in produzione a Milano dal 1947 al 1972, ha segnato una parte della storia italiana del dopoguerra. Simbolo, con la Vespa Piaggio, della ricostruzione e della ripresa economica, la Lambretta ha dovuto lasciare il passo all'automobile. La foto, si riferisce a Milano 1976, Via Console Marcello: con tutti i ferri del mestiere, in strada, si smontava e si rimontava il mezzo per farlo ripartire. L'avvento dei distributori automatici di benzina, con la sparizione della miscela, costringeva ad aggiungere olio "a occhio", che voleva dire grippare continuamente il motore. Bisognava smontare la testa, portarla ad alesare... e via così. Fino a quando, la Lambretta, non te la rubavano. Oggi, tra i casolari valligiani delle Dolomiti, non è raro trovare qualche esemplare degli Anni Cinquanta e Sessanta.
lunedì 20 dicembre 2010
Un ricordo dei primi lavori: ritrovato un foulard 1968 di Coppola e Toppo di Milano.
Un bel ricordo dei miei primi lavori, a sedici anni.
Tra le collezioni di Anita Magghy, a Feltre, è spuntato, tra gli altri, un pezzo raro, realizzato da Lyda Toppo nel 1968 per la sua boutique Coppola & Toppo di Via Manzoni 24 a Milano. La testimonianza diretta è di Lele Taborgna, che in quell'anno lavorava come ragazzo per il negozio e per il laboratorio, situato in Viale Majno, a Porta Venezia: "Nell'estate del '68, la signora Toppo mi chiese di aiutarla a portare in negozio alcuni oggetti. Caricammo in auto, una GT 1300 Alfa Romeo bordeaux, alcune borse, ed io tenni in braccio una trentina di foulard. La signora Toppo disse che aveva passato notti dietro questa sua invenzione estiva, i foulard. E, come ultima fatica, disse che aveva dipinto proprio il primo, visibile sopra tutti: corde, che potevano ricordare il mare, su un rosso vivo, solare. Aggiunse anche che si era talmente affaticata in quel lavoro che le corde le disegnò quasi per impiccarsi, per farla finita, disse scherzando. La trentina di foulards di purissima seta, dipinti a mano, misura cm 160x40, posti in vendita, andarono esauriti in pochi giorni".
Lyda e Bruno Coppola, fratelli, titolari di Coppola e Toppo a Milano dalla fine della Guerra agli Anni Ottanta. Lyda, sposata, prese il cognome del marito Toppo; era lei la parte creativa dell'attività. Bruno si occupava di amministrazione e del personale (una dozzina di collaboratori dipendenti).
Tra le collezioni di Anita Magghy, a Feltre, è spuntato, tra gli altri, un pezzo raro, realizzato da Lyda Toppo nel 1968 per la sua boutique Coppola & Toppo di Via Manzoni 24 a Milano. La testimonianza diretta è di Lele Taborgna, che in quell'anno lavorava come ragazzo per il negozio e per il laboratorio, situato in Viale Majno, a Porta Venezia: "Nell'estate del '68, la signora Toppo mi chiese di aiutarla a portare in negozio alcuni oggetti. Caricammo in auto, una GT 1300 Alfa Romeo bordeaux, alcune borse, ed io tenni in braccio una trentina di foulard. La signora Toppo disse che aveva passato notti dietro questa sua invenzione estiva, i foulard. E, come ultima fatica, disse che aveva dipinto proprio il primo, visibile sopra tutti: corde, che potevano ricordare il mare, su un rosso vivo, solare. Aggiunse anche che si era talmente affaticata in quel lavoro che le corde le disegnò quasi per impiccarsi, per farla finita, disse scherzando. La trentina di foulards di purissima seta, dipinti a mano, misura cm 160x40, posti in vendita, andarono esauriti in pochi giorni".
Lyda e Bruno Coppola, fratelli, titolari di Coppola e Toppo a Milano dalla fine della Guerra agli Anni Ottanta. Lyda, sposata, prese il cognome del marito Toppo; era lei la parte creativa dell'attività. Bruno si occupava di amministrazione e del personale (una dozzina di collaboratori dipendenti).
giovedì 2 dicembre 2010
Ritorno a Città della Pieve
E rieccoci. Dopo anni. Per motivi di lavoro, il 27 e 28 novembre, breve presenza a Città della Pieve. Qualche foto del borgo medioevale che ha dato origine alla famiglia Taborgna.
giovedì 28 ottobre 2010
Poveri noi...nel 2010...E nel 2011?
Avremmo mai pensato, anche quasi ieri, di trovarci in una crisi generale di queste proporzioni? Doveva essere solo per il 2008-2009, e anche il 2010 è una frana. A pochi mesi dal 2011, non restano tante speranze.
In sintesi:
- manca il lavoro;
- quello che c'è è sottopagato;
- le banche continuano ad essere assenti, nel dare soldi, e mai così presenti nel chiederne;
- le amministrazioni pubbliche piangono miseria;
- i residuati umani che fanno politica in Parlamento pensano a tutt'altro;
- chi innova, tenta, prova, crea, costruisce, inventa, fa... è lasciato da solo.
Fortunatamente, da piccolo, sono cresciuto in una casa con il solo caminetto, anche per cucinare; l'acqua era nella fontana in piazza; in casa c'era il secchiaio; e il cesso era nell'orto.
Più che vaccinato.
Ciononostante, è meglio non accettare come destino quello della povertà imposta.
Intanto, rifiutando per volere e necessità tanti simboli attuali, a partire dall'automobile, pedalo.
L'ultimo giro, con foto qui sotto, è stato il 12 ottobre a Cima Grappa. La foto sopra l'ha scattata Francesco, in Piazza Maggiore a Feltre.
In sintesi:
- manca il lavoro;
- quello che c'è è sottopagato;
- le banche continuano ad essere assenti, nel dare soldi, e mai così presenti nel chiederne;
- le amministrazioni pubbliche piangono miseria;
- i residuati umani che fanno politica in Parlamento pensano a tutt'altro;
- chi innova, tenta, prova, crea, costruisce, inventa, fa... è lasciato da solo.
Fortunatamente, da piccolo, sono cresciuto in una casa con il solo caminetto, anche per cucinare; l'acqua era nella fontana in piazza; in casa c'era il secchiaio; e il cesso era nell'orto.
Più che vaccinato.
Ciononostante, è meglio non accettare come destino quello della povertà imposta.
Intanto, rifiutando per volere e necessità tanti simboli attuali, a partire dall'automobile, pedalo.
L'ultimo giro, con foto qui sotto, è stato il 12 ottobre a Cima Grappa. La foto sopra l'ha scattata Francesco, in Piazza Maggiore a Feltre.
giovedì 4 marzo 2010
Francesco, 6 anni, mi ha fotografato
giovedì 31 dicembre 2009
Buon 2010
Agli amici di quaranta anni fa, delle speranze di cambiamento, delle volontà di chiarezza, onestà e giustizia. Buon anno.
Agli amici e alle amiche dei vent'anni di lavoro allo IULM di Milano e Feltre, conosciuti per stima e rispetto professionale, per frequentazione di tempo libero e piacere. Buon anno.
A quanti, ai tanti, che negli oltre vent'anni di permanenza nelle Dolomiti, a Feltre e Pedavena, in Val Belluna, a San Gregorio nelle Alpi, a Belluno continuano ad esprimere affetto, stima, riconoscenza per una valorizzazione del territorio alla quale ho concorso, oggi valida internazionalmente. Buon anno.
Ai miei figli Nicolò e Francesco, per i quali insisto nel rimanere tra queste montagne, pur tentato dall'Australia come ultima base di vita. Buon anno.
Agli amici e alle amiche dei vent'anni di lavoro allo IULM di Milano e Feltre, conosciuti per stima e rispetto professionale, per frequentazione di tempo libero e piacere. Buon anno.
A quanti, ai tanti, che negli oltre vent'anni di permanenza nelle Dolomiti, a Feltre e Pedavena, in Val Belluna, a San Gregorio nelle Alpi, a Belluno continuano ad esprimere affetto, stima, riconoscenza per una valorizzazione del territorio alla quale ho concorso, oggi valida internazionalmente. Buon anno.
Ai miei figli Nicolò e Francesco, per i quali insisto nel rimanere tra queste montagne, pur tentato dall'Australia come ultima base di vita. Buon anno.
Foto: Francesco Polli Taborgna (nato 23 luglio 2003) con le cagnoline Juba e Giga nel porticato dei Palazzetti di Piazza Maggiore a Feltre (BL), il 30 dicembre 2009.
Nicolò Taborgna (nato 28.8.1990), con la mascotte Juba, in Osservatorio Turismo Asslib a Feltre il 5 gennaio 2010.
Nicolò frequenta Lingue Orientali a Venezia. Appartiene, con Francesco Polli Taborgna, al ceppo feltrino/dolomitico della famiglia con provenienza Città della Pieve (PG) e Giulio Taborgna come patriarca (nato 1926 a Città della Pieve, residente a Milano).
Nicolò frequenta Lingue Orientali a Venezia. Appartiene, con Francesco Polli Taborgna, al ceppo feltrino/dolomitico della famiglia con provenienza Città della Pieve (PG) e Giulio Taborgna come patriarca (nato 1926 a Città della Pieve, residente a Milano).
martedì 22 dicembre 2009
Mah, scopriremo perchè. Intanto mettiamoci in gioco.
Ieri, 1954, a Castello di San Giovanni Ilarione (Verona) dalla nonna Bado Pellegrina.
Un po' per lavoro, un po' per curiosità ed esperimento. Forse per l'età. Non ho mai avuto/voluto uno spazio personale, nè sul web nè da altre parti. Oggi ne proviamo un'altra. Visto che quotidianamente opero su internet, tanto vale essere raggiunti anche da persone che ti conoscono, ti hanno conosciuto o, perchè no?, vogliono conoscerti. Magari, quello che non è adatto raccontare su blog e siti professionali, può verificarsi qui. Male che vada si cancella il blog, come un colpo di spugna, e chi s'è visto s'è visto. Potenza delle nuove tecnologie di comunicazione.Oggi, 2010, in Osservatorio Turismo Asslib, a Feltre (Belluno).
Piccola, parziale, poco nota biografia giovanile
PARZIALE 1
Gabriele "Lele" Taborgna è nato a Milano il 9 novembre 1952. Da Via Moretto da Brescia 27, zona Città Studi, ha concluso le elementari nella scuola di Viale Romagna e le medie inferiori alla Tiepolo di Piazza Ascoli. Trasferitosi con la famiglia in zona San Siro, ha provato le superiori con il Galileo Galilei di Via Paravia, istituto tecnico industriale, per decidere, a quindici anni e mezzo, che era meglio il lavoro. Motivo principale: dopo uno sciopero per ottenere la mensa (1967), a mensa ottenuta è stato accusato dal preside di truffa per aver mangiato solo il primo e non il pranzo completo. In giro per la Brianza, ha venduto enciclopedie per Curcio Editore con base di partenza, ogni mattina, dall'agenzia di Viale Coni Zugna. Nel 1968 ha lavorato come ragazzo/fattorino per Coppola e Toppo, negozio di Via Manzoni 24 (bigiotteria, pelletteria) e laboratorio in Viale Majno. Per guadagnare qualcosa in più è finito in Drogheria Raddrizzani di Via degli Scipioni, garzone delle consegne a domicilio con ceste, scatoloni, bicicletta da 200 chili e finalmente un vecchio ma funzionante motorino Malaguti. Nel contempo, siamo nel 1969, si iscrive al Bertarelli di Corso di Porta Romana, con frequenza serale all'istituto tecnico turistico. Il 12 dicembre, il tram 24 che lo portava a scuola, intorno alle ore 18.00, è rimasto fermo a lungo in Piazza Fontana per una bomba che era scoppiata alla Banca Nazionale dell'Agricoltura...
PARZIALE 2
...portate pazienza, che arriva...
PARZIALE 3
...idem come parziale 2...
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