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sabato 3 settembre 2011

1970. Come rompersi l'osso del collo. Salvarsi da un futuro di incerto terrore. Con il sacrificio di nonna Margherita.

Sulla motorella, com'altro chiamare una Gilera 124 5v, il 1 agosto del 1970 decido di andare sul Ticino. Che è lì a due passi, da Milano. Altrimenti, Leonardo da Vinci, come avrebbe potuto fare i Navigli? Ma, al ritorno, resto senza benzina, in Via Novara, Quinto Romano, all'altezza, destra, di Baggio. Spingo la motorella con un piede quando, un'auto, targata Roma, mi supera, mette la freccia a sinistra, e invece gira a destra. Buttandomi giù. Rinvengo, con uno strano torcicollo. Mi accompagnano sui gradini, di una casa, all'ombra, e il torcicollo non passa. Arriva l'ambulanza, salgo, ho male al collo, dico, e l'infermiere mi fa sedere sul seggiolino. Per fortuna il San Carlo è vicino. Al pronto soccorso, subito, i medici dicono "frattura cervicale, prognosi riservata, rischio paralisi,  in reparto ortopedia traumatologia.". "Ma come?", dico, "devo partire domani per le ferie...".  Un mese in trazione, steso, pesi al collo, piaghe da decubito. Imbecilli che mostrano il pisello visto che non posso muovermi, infermiere che mostrano il paradiso... visto che non posso muovermi... la "fidanzata", quella delle ferie, che viene a trovarmi in minigonna, visto che non posso muovermi.
Ne ho diciassette, di anni, i diciotto partono il 9 novembre.
Si scopre che Boniardi, macchine lavorazione oro, Via Valpetrosa 5/Via Torino, dove lavoravo come "impiegato", non ha mai pagato un cazzo, per me, e viene multato. L'ospedale, lo paga la Regione.
Da Città della Pieve arriva nonna Margherita (Cupella). Non si era mai mossa da là. Affronta il viaggio in treno. Arriva a Milano. Va all'ospedale San Carlo a trovare il nipote. Fa un voto: "Signore, prendi me e salva lui.".
Il Signore l'ha presa in parola... Mentre, dopo un mese, mi alzavano dal letto per mettermi il Minerva, un busto di gesso dalle anche alla testa, non ti crolla il soffitto del Teatro degli Avvaloranti, a Città della Pieve?
I custodi/bigliettai del teatro, usato come cinema, erano proprio mia nonna, Margherita, mio nonno, Antonio, e mio zio, Pietro. Loro due sbalzati fuori, dallo spostamento d'aria. Mia nonna, già al centro della sala per le pulizie, (la sera prima c'era il pieno per un film), resta sotto i detriti. Paralizzata. Piaghe da decubito. Morta, dopo un mese.
Con Margherita Cupella andavamo alla fonte, a lavare i panni. Era una delle ultime donne capaci, con un asciugamano attorcigliato in testa, di portare mastelli dai dieci/venti chili, ritta, maestosa. C'erano, allora, ancora le chianine, vacche bianche, alte, col fiocco rosso, sul muso, il carretto a due ruote.
Nonna Margherita aveva Valentina, maestra, come sorella. Ma lei era maestra di vita. E quando portava i pesi in testa superava Valentina di trenta centimetri.
Margherita Cupella, morta sotto il Teatro degli Avvaloranti, per un voto, mi ha salvato la vita.
Mentre ero in ospedale e in Minerva ci sono stati due fatti ai quali non ho potuto partecipare: il concerto dei Rolling Stones, con scontri, al Palalido, e la prima occupazione di case, a Milano, in Via Mac Mahon, fatta da Collettivo Politico Metropolitano (Renato Curcio) e Lotta Continua (Mauro Rostagno).
Teatro degli Avvaloranti, oggi, Città della Pieve (PG).

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