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mercoledì 14 settembre 2011

L' “Affaire Calabresi”. Dopo un duro inverno, una cruda primavera. (1972).

Con la motorella, autunno/inverno '71/72, passo in Via Buschi, vicino Lambrate, a prendere Mauro, per Monza. Ogni giorno un cartello, da scrivere. Il cavalletto, per appenderlo, era nel prato, davanti alla mensa Philips. Buschi-Monza-Cartello-Philips. Un, giorno, mentre aspetto che Mauro si vesta, e saluto Chicca, sono alla finestra di Buschi a vedere un tipo che passa, in strada. Capelli lunghi, neri, barba. Mefisto. “È Ignazio La Russa...”, dice Mauro alle mie spalle, “...abita qui vicino.”. Tanto freddo, con la motorella, per andare a Monza. Mauro si ripara, dietro me. Da Silvia, tra le belle trentine a Milano, capita di recuperare un'Anglia, automobile, grigia. E a Monza ci andiamo con quella. Lavora, lavora. Incontra, incontra. Passa l'inverno e arriva la primavera. Dai genitori di Chicca arriva, nuova fiammante, una Cinquecento aragosta. Gioia. Sul sedile posteriore, quando siamo in giro, andremo anche a Pisa, canto, e canto. Lucio Battisti, che a me piaceva, e anche a loro.
Prove di stampa, marzo '72. “Processo Valpreda”, quotidiano, esce per quattro giorni. Diffusione militante, incontri nelle scuole e dove si può. Ad aprile, uscirà il quotidiano “Lotta continua”. Abbiamo, tanto, da fare. E in autunno, è fissato il processo Calabresi/Lotta Continua. Sarà verità. Su Pino Pinelli e la Strage di Stato.
Il 17 maggio 1972, la nostra primavera finisce:”Il Commissario Luigi Calabresi è stato assassinato davanti alla sua abitazione in Largo Cherubini, Corso Vercelli, Milano”. Disastro. Esserci, non sparire. Presenza. Informare. Esporsi. Qualcuno, dice, che, in qualche posto, hanno brindato. Noi, da Spalto Piodo di Monza, sentivamo un grande peso, preoccupati, quasi offesi. Perché attendevamo il processo. “Chi semina vento, raccoglie tempesta”, giorno dopo. Con il cartello che riprende l'editoriale del quotidiano, mi presento al Mosè Bianchi di Monza, dov'ero stato in assemblea con “Processo Valpreda”. “Vergogna”, dice un signore, un passante. “Di che?”, rispondo io, a testa alta.
Ma è dura. Qualcuno, qualcosa, ha voluto, ancora una volta, cambiare la storia e le carte in tavola. Giocando con la morte.
L'”Affaire Calabresi” comincia qui. Continueremo. Perché risulteremo gli unici, condannati con certezza, quando un'infinità di stragi attendono, ancora, quella certezza. Strano? No.
La nostra, innocenza, è, nella, nostra, vita.
Ma, Mauro Rostagno, è stato ucciso. La sua, e nostra, limpida, verità. È stata uccisa.

*Foto: Arte del Novecento, Belluno, Palazzo Crepadona, 2011.

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