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venerdì 16 settembre 2011

Aviano, Stati Uniti d'Italia.

Solo una notte, a Motta di Livenza, Treviso, nel Comando Battaglione Genio Pionieri della Divisione Ariete. Il giorno dopo, Caserma Baldassarre, Maniago, Pordenone, per la 5a Compagnia Genio Pionieri. Arrivo, con la mia divisina grigioverde da fante palermitano, e mi vestono con basco nero, fazzoletto nero/viola, colori da morto, per spedirmi ad Aviano, due mesi, corso di radiofonista. Sono un L4, frattura grave, dopo le vertebre rotte in motorella. Ma non gliene frega niente a nessuno, fin dalla visita di leva. Sono nei reparti operativi dei confini nord-est. Caserme senza riscaldamento. Rancio che ghiaccia prima di arrivare a tavola. Ma come L4, non possono mettermi a costruire ponti sul Tagliamento. Quindi, radiofonista. La caserma Zappalà di Aviano ha cinquemila militari, bersaglieri e carristi. Per il paese, ci vogliono cinque km. Che si fanno in camion, come i deportati, per trovare il deserto, camerierine in minigonna, lì per noi, per il piatto di pasta che riusciamo a pagare con la decade della carità. C'è guerra, in Vietnam. Solo una rete, separa la Zappalà dalla base aerea USA. Quando siamo liberi, ci stiamo attaccati, a guardare i Phantom che decollano e atterrano. Sono aggregato ai bersaglieri, palazzina confinante con la pista della base. Giorno e notte è tutto un vvvvvvooooohhhhmmssssss, sibilo/rumore assordante dei reattori che ti entrano nelle orecchie, nel letto, fan tremare muri e pavimenti. Qualche volta, vengo convocato dal Colonnello Comandante. Discorso di rito, noi siam qui, noi  siam qua... Intanto, mi fa sapere che c'è. E convoca solo me. I bersaglieri, corrono. E ormai è inverno. Giù dalla branda, in cortile, con tutina/pigiama, 15 sotto zero, e corri. Papapapa/papapapa, marcette, agli altoparlanti. Freddo bestia. Io, in testa alla compagnia, col mio basco nero tra i fez cremisi, dico: si rallenta, non si corre. E rallentiamo, tutti. Le infermerie son piene, di noi, con bronchiti e broncopolmoniti, quaranta di febbre. Non bastano. Bisogna usare le aule. Ci finisco anch'io, che adesso, penso, muoio, perché nessuno ti caga e ti cura. Ho la compassione di un ragazzo, che mi porta un qualcosa di delicato, da mangiare, dalla mensa sottufficiali. Finita questa storia, torna il mio ascesso pre-naja. Febbre, male, marco visita. Arriva il Colonnello Comandante che decide, lui, chi è sano e chi è malato. Io sono sano. L'ufficiale medico interviene, si oppone, salvandomi.
Questa caserma è da chiudere. Questi colonnelli devono andarsene a casa. Queste Forze Armate devono cambiare. Così, sarà. Gennaio 1973. Sono passati altri due mesi. Torno a Maniago. Me ne restano undici.

*La foto è di Feltre, 2 giugno 2011.

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